Azionario, Shiller: “correzione sarà improvvisa”. Roubini: “Ci sarà bisogno di uno shock di questo tipo”
Una correzione dei mercati potrebbe presentarsi in qualsiasi momento e senza preavviso. E’ quanto ritiene il Premio Nobel Robert Shiller che, intervistato dalla Cnbc, non esclude che l’azionario possa comunque continuare a marciare spedito, nel frattempo, prima di fare dietrofront.
“La gente chiede ‘cosa scatenerà la prossima correzione dei mercati? Ma non c’è bisogno di un elemento scatenante, sono le stesse dinamiche inerenti alle bolle che alla fine le fanno scoppiare”.
Shiller parla da Davos, all’indomani dei nuovi record testati a Wall Street dal Dow Jones, dallo S&P 500 e dal Nasdaq Composite, che hanno brindato alla fine dello shutdown in Usa.
L’azionario Usa continua a scommettere sui benefici della riforma fiscale Trump che, tra le movità più importanti, include un taglio alle tasse corporate dal 35% al 21%.
Per Shiller, tuttavia, lo scatenarsi dei tori a Wall Street non dipende solo dalle notizie relative alla politica Usa.
“Il forte mercato toro presente in Usa è spesso attribuito alla situazione in cui versano gli Stati Uniti, ma non è tipico soltanto degli States (visto che a salire è l’azionario di tutto il mondo). E’ difficile capire cosa stia sostenendo stavolta i mercati, ma credo che sia qualcosa di meno evidente rispetto a quanto pensiamo”.
Per lo stesso motivo, da un punto di vista prettamente scientifico, è difficile capire cosa scatenerà la correzione dei mercati.
“Una volta che accadrà (la correzione), si inventerà qualcosa per spiegarla. Se si torna indietro alla correzione più famosa del 1929 si nota come non ci fosse nessun evento particolare a cui la gente guardava”.
A suo avviso, in ogni caso, i mercati potrebbero “subire un dietrofront improvviso”.
Focus anche sulla view che ha sui mercati il professore di economia alla New York University, Nouriel Roubini che, recentemente, ha rilasciato un’intervista esclusiva alla CNBC-TV18. Alla giornalista Latha Venkatesh, che gli ha fatto notare che i mercati americani hanno segnato ben 62 record nel 2017, e che ha chiesto se per caso non ci sia il rischio che sugli indici si stia già formando un principio di bolle, Roubini ha così risposto:
“Certo, se si guarda ai ratio prezzi-utili (P/E) , negli Stati Uniti questi ratio appaiono alti. C’è un parametro, il P/E ratio ciclico adjusted che il mio ex collega di Yale, Robert Shiller, che ha già segnato due deviazioni standard rispetto alla media storica. Ciò indica che o si assisterà a una correzione significativa nel tempo o, nel caso in cui la correzione non dovesse presentarsi, nel corso dei prossimi 10 anni i ritorni dell’azionario potrebbero confermarsi relativamente bassi, visto che l’aumento delle valutazioni sta rubando in parte i guadagni che si sarebbero dovuti realizzare in futuro. Ma è anche vero che, sebbene le valutazioni siano elevate, ci sono due precisazioni da fare“.
“La prima, è che una correzione potrebbe verificaris solo a un certo punto, più avanti, e potrebbero volerci (per il suo arrivo) un anno, o due, o tre. Il fatto che quei parametri siano al di sopra della media storica non significa che la correzione si verificherà. Seconda cosa, di norma le correzioni si presentano solo in presenza di uno shock macro che scatena a sua volta un atteggiamento di risk-off”.
Roubini cita alcuni fattori che potrebbero scatenare il sell off sui mercati, in particolare le preoccupazioni che hanno assillato i mercati negli ultimi due anni, e che hanno visto protagoniste la Cina, il rischio di uno stallo nella crescita economica Usa, i timori sulle mosse della Fed.
Ma “nessuno di questi rischi finora è stato alto, e ora noi abbiamo bisogno che si verifichi un rischio macro importante perché si materializzi una correzione. Inoltre, per assistere non solo a una correzione del 10%, ma anche a un mercato orso, c’è bisogno di uno stallo della crescita economica e, al momento, il rischio di una recessione Usa è basso”.
Dunque, “se un calo del 10% è improbabile, uno pari a -20% lo è ancora di più”.
Sul fronte del forex, Roubini fa notare che il ritmo della crescita si è confermato alla fine più forte in Europa e in alcune economie avanzate e emergenti rispetto a quello che ha interessato gli Usa.
Di conseguenza, “visto che i P/E ratio sono alti (a Wall Street), mentre in Giappone, Europa e nei mercati emergenti sono stati depressi negli ultimi giorni, i flussi di investimento si stanno spostando, seppur lievemente, dagli Stati Uniti e si stanno dirigendo in Europa, Giappone e mercati emergenti”.
Tale fattore – continua Roubini – provocherà non solo il rally dell’azionario, ma anche l’apprezzamento delle valute come nel caso dell’India, dove gli investimenti diretti esteri e gli investimenti dei portafogli esteri hanno rafforzato la moneta, ma anche il mercato azionario. E direi che la ragione ultima della debolezza del dollaro è che, almeno fino a poco fa, il mercato ha creduto che la Fed si sia sbagliata, nel ritenere che le forze responsabili della bassa inflazione, siano transitorie, e non permanenti”.
D’altronde, per Roubini la tecnologia, la globalizzazione, il commercio, tutte le innovazioni a cui stiamo assistendo “rendono i beni e i servizi convenienti. Pensiamo al fenomeno Amazon, che compete contro gli altri retail. Dunque, se queste forze che scatenano una bassa inflazione sono forze globali e destinate a durare nel tempo, la view secondo cui la Fed alzerà i tassi tre volte quest’anno, se non quattro, potrebbe essere improbabile. La Fed potrebbe decidere di alzare una o due volte”.