Argentina non riuscirà a pagare la prossima scadenza sul debito, torna lo spettro del fallimento
Dopo 13 anni torna lo spettro del fallimento in Argentina. Il governo di Buenos Aires ha annunciato che non riuscirà a onorare la prossima scadenza del suo debito ristrutturato, a seguito della decisione della Corte suprema americana. Lunedì scorso la Corte suprema ha respinto l’appello del Paese sudamericano, imponendogli di pagare 1,3 miliardi di dollari ai fondi hedge che non avevano aderito al concambio sui bond andati in default nel 2001. Una cifra non irrisoria che si andrebbe ad aggiungere ai 900 milioni che l’Argentina dovrà rimborsare il prossimo 30 giugno, quando andranno a scadenza alcuni bond ristrutturati.
“Questa decisione – si legge nella nota diffusa dal ministero dell’Economia e delle Finanze – rende impossibile il pagamento del debito per il 30 giugno ai creditori che avevano accettato il concambio”. Se infatti la sentenza americana si dovesse applicare a tutti i fondi speculativi che non hanno accettato la ristrutturazione del debito ai tempi del fallimento, allora l’Argentina si vedrà costretta a pagare fino a 15 miliardi di dollari. In altre parole, se Buenos Aires dovesse procedere al pagamento di quei 1,3 miliardi di dollari ai fondi hedge, così come deciso dalla Corte suprema Usa, anche gli altri fondi speculativi che avevano rifiutato la ristrutturazione del debito argentino potrebbero esigere lo stesso trattamento, facendo lievitare l’esborso fino a 15 miliardi di dollari. Una cifra elevata che si aggiungerebbe ai rimborsi sul debito ristrutturato e che condurrebbe il Paese verso un default di pagamento.
Dopo il fallimento del 2011, l’Argentina rimborsa progressivamente il suo debito verso circa il 93% dei creditori privati che hanno accettato nel 2005 e nel 2010 una ristrutturazione del debito di circa il 70% del valore. Tuttavia, il restante 7%, rappresentato da fondi speculativi, non hanno mai accettato questo accordo e hanno intrapreso una azione legale per reclamare il 100% del valore nominale dei bond che avevano sottoscritto.
Nei giorni scorsi la presidenta Cristina de Kirchner ha ribadito la volontà del Paese a onorare il suo debito ma allo stesso tempo invocato il bisogno di una negoziazione, respingendo la richiesta della Corte suprema Usa, definendola una vera e propria estorsione.
S&P taglia il rating
E proprio lo spettro di un nuovo fallimento ha spinto l’agenzia di rating Standard & Poor’s a rivedere il giudizio sull’Argentina. Ieri gli analisti dell’agenzia Usa hanno ridotto il rating del Paese sudamericano, portandolo a ‘CCC-‘ da ‘CCC+’, con un outlook negativo. Il downgrade, precisano da S&P’s, riflette “il maggiore rischio di default”.