Apple, titolo +90% da fine 2018: ma utili piatti e vendite iPhone mediocri. Investitori ossessionati da mega cap?
Fenomeno Apple, simbolo dell’euforia che gli investitori continuano a manifestare nei confronti di quelle che, a Wall Street, vengono considerate ormai mega cap. Club illustre, che include nomi altisonanti come Facebook, Amazon.com, la holding Alphabet a cui fa capo Google e Microsoft.
Parentesi odierna a parte – Wall Street sconta l’escalation delle tensioni geopolitiche scatenata dall’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani su ordine di Donald Trump – ieri questi titoli delle mega cap – società che presentano una capitalizzazione molto elevata, appunto mega – si sono confermati target di nuovi buy.
In particolare, come fa notare un articolo di Barron’s scritto da Eric J. Savitz (Dow Jones), Apple ha chiuso la prima sessione del 2020 superando quota $300 e testando così un nuovo record assoluto.
Per essere precisi, il titolo è salito di 6,70 dollari, o +2,3%, per concludere le contrattazioni a $300,35: un valore che dimostra che, in un arco temporale di sei mesi, l’azione è balzata del 50%, da $200 a $300. Il titolo aveva infatti chiuso al di sopra 200 dollari lo scorso 1° luglio, riagguantando l’importante soglia psicologica per la prima volta dalla metà del 2018.
Tradotto in termini di valore mercato, Apple ha visto la propria capitalizzazione salire di 444 miliardi in appena 185 giorni, in media di $2,4 miliardi al giorno.
Come si spiega il trend del titolo Apple della giornata di ieri? Il trend è stato sostenuto in parte dal rally di Wall Street, scatenato a sua volta dalla decisione della People’s Bank of China – banca centrale della Cina – di tagliare l’RRR, ovvero il ratio di riserve obbligatorie che le banche del paese devono detenere. Così facendo, l’istituzione ha liberato praticamente liquidità nel sistema.
Sempre la Cina ha contribuito alla performance positiva del titolo, grazie all’ottimismo sull’imminente firma, prevista per il prossimo 15 gennaio, che Trump apporrà all’intesa commerciale Phase 1 raggiunta tra Pechino e Washington.
La doppia notizia è stata accolta positivamente dal colosso di Cupertino che, nell’anno fiscale terminato lo scorso settembre, ha visto il 17% del suo fatturato arrivare dalla Grande Cina (Cina continentale, Hong Kong, Macao e Taiwan).
Come detto sopra, a salire sono stati altri titoli delle mega cap, come Amazon, Alphabet e Facebook, che hanno guadagnato tutti tra il 2-3%.
Mega cap Apple: P/E ratio continua a gonfiarsi
Tornando ad Apple, c’è da dire che, nel lontano 2014, il titolo viaggiava nei dintorni di quota $700: c’è però anche da precisare che il colosso ricorse a una operazione di split azionario 7 per 1 nel giugno del 2014. Prima di allora, le quotazioni avevano testato quota $300 il 13 ottobre del 2010.
La domanda è: ma fino a che punto Apple può salire ancora, dai livelli attuali e, soprattutto, dopo essere volata del 90% dalla fine del 2018?
Una cosa è certa: il forte rally ha portato l’azione a salire a un valore che è decisamente superiore ai target price fissati dalla comunità degli analisti. In media il target price è pari a 266 dollari, dunque inferiore rispetto ai livelli attiali dell’11% circa.
L’articolo di Barron’s fa notare come il PE ratio di Apple continui a gonfiarsi, a riprova di come il titolo stia continuando a salire non tanto per la solidità dei fondamentali, quanto per il sentiment degli investitori, che mostrano una crescente fiducia nella capacità del colosso guidato da Tim Cook di sposare una strategia che recida la sua dipendenza dal mercato degli smartphone (mercato che sta rallentando rispetto ai tassi incredibili di crescita degli anni passati).
E’ vero che l’ultimo fiore all’occhiello, ovvero l’iPhone 11, è stato talmente richiesto da costringere Apple ad aumentarne la produzione. Ma gli analisti, precisa l’articolo di Barron’s, stimano che nel 2019 Apple abbia venduto “solo” 180 milioni circa di iPhone: un ammontare che è significativamente più basso rispetto al 2017 e al 2018.
Nel periodo compreso tra il gennaio e il dicembre del 2018, Apple consegnò infatti una quantità decisamente più elevata, pari a 208 milioni di iPhone. Il rallentamento è dunque evidente.
Eppure, nel 2019, le quotazioni del gruppo sono quasi raddoppiate, nonostante “la crescita piatta degli utili e le vendite mediocri degli iPhone”. E ciò indica che l’azione è sopravvalutata.
Mercato ossessionato dalle cinque mega cap?
Un altro articolo pubblicato su Marketwatch studia il fenomeno della dipendenza degli investitori dalle società mega cap, ovvero società a mega capitalizzazione. Si tratta sempre dei seguenti cinque titoli. Tanto che, in una nota ai clienti, Mike O’Rourke, responsabile strategist dei mercati presso JonesTrading, si è così espresso:
“E’ chiaro che l’idea del mercato di investire nel 2020 è di puntare tutti i dollari sugli stessi cinque nomi”.
Soltanto nella seduta di ieri, giovedì 2 gennaio 2020, “le società scambiate sullo S&P 500 hanno visto crescere la loro capitalizzazione di 257 miliardi di dollari”, con “Apple, Amazon, Microsoft, Google e Facebook che hanno inciso per il 43%, ovvero per $110 miliardi, sulla crescita del valore di mercato. Fattore ancora più degno di nota è che in media il P/E di queste cinque società è pari a 39,5″.
Ancora, O’ Rourke ha sottolineato che “il comportamento del mercato sta ricordando sempre di più il 1999, quando multipli ridicoli interessavano le società mega cap del giorno”.
Lo strategist ha riassunto la sua opinione facendo notare che queste cinque mega cap, oggi, incidono sulla capitalizzazione dello S&P 500 per il 18%, con le due principali – Apple e Microsoft – che presentano un valore di mercato superiore a quello dell’intero Russell 2000 (indice delle small cap) di 107 miliardi di dollari.