Apple e le Big Tech di Wall Street destinate a soffrire ancora dopo il crollo di questi mesi?
I colossi del settore tecnologico Google, Apple, Meta (ex Facebook), Amazon e Microsoft stanno scontano uno scenario incerto caratterizzato da un’inflazione galoppante, conflitti geopolitici, rialzi dei tassi di interesse e problemi al sistema delle forniture. L’indice US Fang che comprende i big della tecnologia, dall’inizio di aprile si trova in calo del 23%, mentre da inizio anno è sotto del 32%.
Le ragioni del crollo
Secondo Filippo A. Diodovich, Market Strategis di IG, sono tre i principali motivi principali che possono spiegare la caduta in Borsa dei cosiddetti GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft).
1) Il primo è che i mercati avevano aspettative molto elevate sulle trimestrali dei titoli tech ma, per la prima volta dallo scoppio della pandemia, sono stati delusi da risultati che hanno mostrato in molti casi delle ombre.
2) Il secondo motivo riguarda le attuali esternalità che stanno influenzando pesantemente il prezzo dei titoli azionari, tra cui si identificano le tensioni geopolitiche in Ucraina e i ritardi nelle forniture causati da nuovi lockdown in Cina. Infatti, la guerra ha aggiunto ulteriore volatilità ad un quadro economico già di per sé instabile. Se Google e Facebook sono riuscite a mitigare gli effetti delle sanzioni economiche nei confronti di Mosca, (rispettivamente grazie alla spinta del cloud e ai dati incoraggianti sui social), al contrario Apple e Amazon hanno subito ripercussioni più pesanti dovute alla carenza di forniture e al rallentamento della domanda post-pandemia.
3) Lo scenario inflazionistico, che prima era creduto temporaneo ma ora è in costante crescita e questo pone serie preoccupazioni ai governatori delle banche centrali che non sanno come intervenire per frenare la salita dei prezzi al consumo senza danneggiare le ormai fragili economie. Inoltre, il rialzo dei tassi di interesse e lo spettro della stagflazione si stanno sommando ad altri fattori di instabilità macroeconomica che stanno danneggiando le aspettative verso i titoli tech che come sappiamo sono particolarmente sensibili alle pressioni inflazionistiche.
Google fatica nonostante i ricavi
Alphabet, la casa madre di Google, ha registrato ricavi in aumento a $68 miliardi, leggermente al di sotto delle aspettative di $68,11 miliardi, ma con un rialzo anno su anno del 23%. I risultati sono quindi tutt’altro che negativi ma il mercato ha comunque deciso di penalizzare il titolo in Borsa che da inizio anno si trova in calo del 21,57%. Google a differenza di altre big tech non ha subito grandi ripercussioni economiche dalle sanzioni contro la Russia, che pesa solo per una minima parte sui ricavi del gruppo, ormai ben consolidati dalle rendite pubblicitarie e dai servizi cloud.
Gli analisti di IG non credono che la società presenti particolari problematiche endogene ma che invece stia soffrendo, come tutto il settore, a causa di esternalità dovute ad un quadro economico particolarmente difficile. Ricordiamo che Google ha approvato un corposo piano di buyback azionario da $70 miliardi per sostenere il corso del titolo ed uno split azionario con rapporto di 20 a 1 programmato per luglio di quest’anno.
Apple penalizzata dalla supply chain
Risultati trimestrali incoraggianti anche per Apple che però sconta importanti ritardi nelle forniture dei suoi iPhone che rappresentano più della metà delle vendite. Il gigante di Cupertino risulta tra i titoli tech più colpiti dalla guerra in Ucraina che ha tagliato fuori un mercato abbastanza rilevante come la Russia. Il titolo risente anche delle pressioni legate ai recenti lockdown in Cina che stanno rallentando l’assemblaggio dei suoi prodotti. Ottimi invece i risultati del business legato ai servizi iCloud e App Store che raggiungono i $19,5 miliardi. Oltre a ciò, i problemi legali con la Commissione Europea, legati all’abuso di posizione dominante nel settore dei pagamenti, possono comportare un ulteriore motivo di rischio per gli investitori più cauti.
Per consolidare ulteriormente la propria posizione, Apple potrebbe rivedere la sua catena di approvvigionamento su scala globale attuando la ricollocazione dei propri stabilimenti negli Stati Uniti, sopratutto per le attività più critiche per l’assemblaggio dei suoi prodotti.
Meta buoni i ricavi ma incertezza sul futuro
Meta Platforms (ex Facebook) è riuscita a limitare i danni nelle ultime settimane grazie a conti trimestrali superiori alle attese. Tuttavia nei mesi scorsi le performance di Borsa sono state pessime soprattutto con il crollo di valore alla pubblicazione della precedente trimestrale che aveva mostrato una perdita di utenti.
Da inizio anno il titolo perde quasi il 44% sulla scia della preoccupazione degli investitori sulla capacità del gruppo di attirare nuovi utenti attivi per i suoi social. Il principale timore deriva dall’avanzata del competitor cinese TikTok. Anche gli ingenti investimenti nel metaverso, universo virtuale dai confini non completamente chiari, destano un po’ di preoccupazione visto il precedente fallimento con la moneta virtuale Libra.
Amazon soffre a causa di costi troppo elevati
Amazon ha invece registrato dati più deludenti del previsto con una perdita netta trimestrale di $3,8 miliardi che gli ha causato un crollo di ben il 14% in una singola seduta. Il suo core business, basato sull’e-commerce, sta soffrendo a causa della sovraoccupazione di personale e dei margini bassissimi. Se durante la pandemia la società aveva beneficiato di una forte crescita derivante proprio da questo dipartimento, ora sembra che questo stia causando più problemi che profitti. Tutta un’altra storia, invece, per quanto riguarda la sua divisione di cloud computing AWS (Amazon Web Services) che ha fatto registrare ricavi record (+37% anno su anno). Sembra che gli investitori siano scettici nei confronti del gigante dell’e-commerce perché si sta espandendo in settori troppo diversi tra loro, con poche possibilità di sinergie.
Tuttavia, nonostante il calo delle quotazioni, Amazon rimane un business solido soprattutto per quanto riguarda il lato cloud, che anzi potrebbe essere oggetto di un successivo carve-out (scorporo societario con quotazione in Borsa) così da essere valorizzato maggiormente dal mercato. Non ultimo lo split azionario di giugno (rapporto di 20 a 1) ed il riacquisto azionario potrebbero causare un rimbalzo momentaneo del titolo.
Microsoft rallentata dalla Federal Trade Commission
Il titolo Microsoft soffre anche se i ricavi di $49,4 miliardi sono risultati superiori alle aspettative, grazie alla divisione Intelligent Cloud (Azure), e patisce le esternalità legate ad Ucraina, semiconduttori e indice dei prezzi al consumo. Da inizio anno il titolo si trova in calo di oltre il 22%, in quanto gli investitori scontano un rallentamento economico dovuto alla crescita incontrollata dell’inflazione e all’atteggiamento discutibile della Federal Reserve. I mercati finanziari temono una possibile frenata del settore tech dopo il boom della pandemia e penalizzano le società del settore a favore di titoli più ciclici. Anche la recente acquisizione del colosso dei videogiochi Activision Blizzard è sintomo di qualche preoccupazione dopo che le autorità della Federal Trade Commission (FTC) hanno richiesto una due diligence più accurata del previsto.
In conclusione, anche Microsoft segue l’andamento degli altri Big Tech che si vedono penalizzati nonostante i risultati tutt’altro che deludenti e si vedono scontare difficoltà più esogene che endogene.
I growth perdono terreno a favore dei value
Il forte aumento nelle quotazioni dei titoli tecnologici durante la pandemia è stato dettato dalle aspettative di una forte e rapida ripresa a V dopo il calo della domanda dovuto ai lockdown. Ora, a due anni dall’inizio della pandemia, le aziende tecnologiche stanno invece scontando un quadro macroeconomico completamente differente.
Il mercato sta giudicando sotto pressione i titoli del settore tecnologico e sta compiendo una rotazione verso azioni cicliche (energetici, bancari ed industriali) che invece possono limitare i danni di un nuovo quadro macroeconomico dettato da alti tassi di interesse. Inoltre, le anomale pressioni dovute ai ritardi negli approvvigionamenti e alla crisi geopolitica Ucraina stanno ulteriormente indebolendo i titoli tecnologici. Tuttavia, è da notare che la debolezza degli indici tecnologici era già iniziata da gennaio e con tutta probabilità le azioni delle Big Tech sconteranno ancora per molti mesi le incertezze sulle possibili reazioni della FED e sulle esternalità causate dal quadro geopolitico incerto.
Secondo il parere degli analisti le big tech dovranno intraprendere un radicale cambio di strategia industriale che richiederà tanto tempo e investimenti.