Amundi: Per il settore bancario, ricapitalizzato e più prudente, non sarà un nuovo crack, come nel 2008
Dobbiamo temere un cedimento del sistema bancario? La domanda è d’obbligo. Il calo dei titoli bancari nelle ultime ottave è stato impressionante: oltre il 20% da inizio anno. Alcuni titoli di prim’ordine, come Unicredit, Credit Suisse e Deutsche Bank, hanno ceduto quasi il 40%, ovvero due volte di più del loro indice borsistico nazionale. Ma la risposta del team di gestione di Amundi è negativa: non dobbiamo temere un crollo del sistema, anche se i fattori critici sono parecchi.
La zavorra del petrolio
Il primo fattore di debolezza del settore, spiegano i gestori, è il diffuso rallentamento dell’economia. Ma quello che preoccupa di più è il calo del prezzo del petrolio e il timore di un’esposizione dei titoli bancari al settore energetico, “Timori che in parte ricordano quelli riferiti all’esposizione ai subprime del 2007, anche se in proporzioni molto diverse“, spiega il team di Amundi. E ancora: continuano a circolare voci riguardo al fallimento di un grande istituto bancario. A questi si aggiungono fattori specifici, per esempio in Italia, dove la creazione di una “bad bank” non ha raccolto un supporto unanime, o in altri Paesi periferici dove i sistemi bancari sono ancora fragili.
Il peso nei portafogli monetari
Altre le ragioni, più tecniche, della debolezza del settore. In primo luogo, le normative più severe e i tassi molto bassi, che stanno riducendo gli utili delle banche. “Ovviamente non si tratta di problemi nuovi per l’Europa, ma le mosse recenti della BoJ e il ridimensionamento delle attese riguardo a un inasprimento dei tassi negli USA stanno aggravando questo trend”, dice Amundi. Che aggiunge: “Un altro fattore che aggrava la situazione è il peso dei titoli bancari nei portafogli monetari a breve termine, che hanno già risentito dei tassi molto bassi (spesso negativi) e che generavano la loro performance dagli spread bancari. Alcuni hanno dovuto capitolare alla fine, il che spiega perché il rialzo degli spread obbligazionari, dopo aver contagiato le azioni, stia investendo anche gli spread a breve termine”. Infine c’è un problema globale di liquidità sul mercato del debito bancario, ed è facile che i movimenti diventino esagerati. “La riduzione della liquidità – dice Amundi – è legata alle attuali politiche di QE e alla caccia al rendimento e agli spread: da qui la sovraperformance degli Additional Tier One, così come alle normative che hanno ridotto il numero di attori in grado di offrire liquidità e alcune delle attività che la generavano”.
I fattori di supporto
Secondo Amundi sono molteplici i fattori che hanno generato questo clima di avversione al rischio ed è quindi d’obbligo tutelarsi, ma anche individuare i possibili fattori di supporto. Il primo è che, a differenza della crisi del 2008-2009, le banche attualmente non hanno problemi di finanziamento. La supervisione del sistema bancario, inoltre, ha fatto grandissimi passi avanti dall’ultima crisi finanziaria, così come la comunicazione su questo argomento: la BCE, per esempio, ha condotto un audit approfondito e su larga scala, e gli stress test sono stati perlopiù rassicuranti e i rischi chiaramente individuati. Quanto all’esposizione al settore energetico è stata ben identificata. “Potremmo azzardare che nel complesso è pari a un decimo dell’esposizione ai subprime nel 2008, senza scordare poi che il danno, per quanto riguarda i subprime, è derivato dalle attività di cartolarizzazione in cui si trovavano i subprime – dice Amundi – Qui stiamo parlando di ordini di grandezza ben diversi e non siamo in presenza di una corsa alla cartolarizzazione“.
Deficit creditizio
Non solo. Dalla fine della crisi, le banche europee hanno raccolto oltre 500 miliardi e ora sono ben capitalizzate. Oltre a ciò, le autorità normative hanno inasprito i vincoli ai capitali sia in termini qualitativi (più capitale core), sia quantitativi. E i livelli richiesti sono ormai molto più elevati rispetto a quelli pre-crisi. “Oggi l’esposizione al credito non è affatto paragonabile a quella del 2008: anzi, siamo passati da una bolla creditizia a un deficit creditizio – dicono i gestori – Non possiamo dire allo stesso tempo che le banche sono troppo prudenti sul credito e temere la loro esposizione ai prestiti … a eccezione di quelle che, potenzialmente, potrebbero avere pochi prestiti, ma fortemente concentrati nel settore energetico. E ci sembra che questo scenario non riguardi nessuna grande banca sistemica”. La conclusione? “Detto ciò, senza sottostimare le difficoltà delle banche, il contesto economico (rallentamento, timori di una recessione), il contesto finanziario (tassi bassi) e il contesto regolatorio sfavorevole al settore, escludiamo che si possa verificare un cedimento del settore bancario analogo a quello che si verificò nel 2008“, conclude Amundi.