Notizie Notizie Mondo Air France crolla a Parigi, Le Maire: rischia di sparire. Ma no ricapitalizzazione con soldi francesi

Air France crolla a Parigi, Le Maire: rischia di sparire. Ma no ricapitalizzazione con soldi francesi

7 Maggio 2018 09:50

Air France crolla alla borsa di Parigi, dopo la notizia relativa alla decisione dell’AD Jean-Marc Janaillaic di rassegnare le dimissioni e l’allarme lanciato dal ministro delle finanze francese, Bruno Le Maire.

“Se non vengono fatti gli sforzi necessari per portarla allo stesso livello competitivo di Lufthansa e altre grandi compagnie, sparirà“. Così Le Maire lancia l’allarme, in un’intervista rilasciata a Bfm Tv.

Il ministro esclude tra l’altro che la Francia possa decidere di lanciare un salvagente alla compagnia aerea, dunque di ricapitalizzarla:

Una ricapitalizzazione richiede i soldi dei francesi e io non prendo i soldi dei francesi per metterli in una compagnia che non è al necessario livello competitivo”.

Il titolo crolla del 13% circa a 7,06 euro all’inizio delle contrattazioni, scivolando al minimo dall’aprile del 2017.

Dall’inizio dell’anno, le quotazioni hanno sofferto un tonfo di ben -50%, sottoperformando ampiamente l’indice Travel & Leisure dello Stoxx Europe 600, che è sceso del 4%, e facendo molto peggio rispetto alla borsa di Parigi, che ha visto il listino SBF 120 salire del 3,7%.

Il dramma Air France si è acuito con il referendum con cui i dipendenti della compagnia francese hanno rigettato la proposta sui salari avanzata dal management.

Al referendum, proposto dallo stesso CEO, ha partecipato l’80,33% dei 46.771 dipendenti di Air France, con il no al nuovo contratto arrivato dal 55,44% dei presenti.

I sindacati hanno confermato lo sciopero indetto per le giornate di oggi, 7 maggio, e domani 8 maggio.

Dal canto loro, i vertici di Air France stanno lavorando per assicurare che “quasi l’85% dei voli” sia operativo nella giornata di oggi, che si conferma il 14esimo giorno di quest’ultima ondata di scioperi.

I sindacati hanno chiesto un aumento degli stipendi del 5,1% solo per il 2018. Nel referendum, i lavoratori hanno rifiutato  l’offerta di un incremento del 7% per i prossimi quattro anni.

Così Le Maire:

Mi appello al senso di responsabilità di tutte le persone che sono coinvolte: l’equipaggio dei voli, il personale di terra, i piloti che chiedono aumenti delle paghe ingiustificati – ha detto – Assumetevi la vostra responsabilità. C’è in ballo la sopravvivenza di Air France”. In ogni caso, “non sarà lo Stato a pagare i debiti della società”.

Lo stato francese è presente nel capitale di Air France con una quota del 14% circa. Ma, a tal proposito, Le Maire ha precisato:

Siamo azionisti di minoranza..chi crede che a prescindere da quanto accadrà lo Stato soccorrerà Air France, assorbendone le perdite, si sbaglia“.

Tra l’altro, il ministro ha reso noto che lo Stato francese venderà le proprie partecipazioni in Aeroporti di Parigi e Francaise des Jeux:

“Non penso che gestire lotterie e negozi negli aeroporti sia il ruolo dello Stato” – ha spiegato -È denaro che potrebbe essere usato meglio altrove”.

Dunque? La Francia potrebbe mollare Air France?

E’ quanto auspica in realtà l’economista Nicolas Bouzou, che su Le Figaro propone proprio lo smobilizzo della quota. Una mossa che certo non pagherà, visto il valore basso delle azioni, ma che potrà porre fine alla galera in cui si trova il contribuente francese, spiega Bouzou, che “dura da quasi un secolo”.

Inevitabile fare il parallelismo con Alitalia, la cui situazione è al momento congelata in attesa che si formi in Italia un nuovo governo.

Lo stesso ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, aveva ricordato lo scorso anno che la compagnia aerea era costata agli italiani già 8 miliardi, incluso il prestito ponte da 600 milioni di euro.

Mentre a inizio anno i dati Enac incrociati con gli studi del professor Ugo Arrigo dell’Università di Milano Bicocca, hanno messo in evidenza, come riportato dall’USB, che nei 10 anni dalla privatizzazione del 2008 sono stati bruciati 12,5 miliardi di denaro pubblico tra ammortizzatori sociali per le migliaia di licenziamenti (3,5 miliardi) e mancati introiti fiscali (600 milioni l’anno per la sola Alitalia, 900 per l’insieme dei vettori italiani).