Accettazione mainstream è arma a doppio taglio per bitcoin & co., Goldman Sachs fa il punto su correlazione con altri asset e durata dei precedenti crolli

Il mondo Blockchain e delle criptovalute non è più solo rivolto a pochi nerd o appassionati e lo scorso anno ha continuato ad attrarre l’interesse di sempre più persone, aziende e media. Le criptovalute hanno ormai attirato l’attenzione anche degli attori tradizionali del mondo finanziario e dei pagamenti, infatti, sono sempre più i big che valutano di integrarle sia come forma di pagamento che come forma di investimento.
Nel 2021 è esploso anche il fenomeno degli NFT (Non-Fungible Token), ovvero token unici utilizzati come strumento per rappresentare una prima vera e propria versione di proprietà privata digitale. Questi innovativi strumenti potranno essere sfruttati anche nel recente trend del “metaverso”, l’evoluzione di internet, un universo virtuale dove le aziende vorranno sicuramente essere protagoniste insieme al mondo Fintech, bitcoin e altre monete virtuali.
Tutto ciò che riguarda il settore delle cripto in questi ultimi due anni è diventato mainstream e gli esperti di Goldman Sachs pensano che tutta questa attenzione non comporti necessariamente un aumento dei prezzi di questi asset e il recente sell off ha reso evidente come questo possa essere un’arma a doppio taglio.
La correlazione del bitcoin con altri asset
L’intero mercato delle criptovalute, nel 2021 ha raggiunto il picco di 3.000 miliardi di capitalizzazione prima di dimezzarsi da novembre, con il bitcoin che è passato da 70.000$ ai 38.000 $ attuali. Dopo la performance del +50% del 2021 di bitcoin molti esperti del mercato avevano previsto un inizio del 2022 positivo per le cripto, ma da inizio anno con una perdita del 16%, bitcoin sembra modificare le previsioni degli analisti e si trova ora in prossimità di un supporto fondamentale a 30.000 $.
Come fanno notare gli analisti, man mano che bitcoin e gli altri token crittografici guadagnano popolarità in tutto il mondo, diventano sempre più correlati con altri macro asset. Prima della pandemia le cripto asset si comportavano come un ecosistema diverso, ma ora “il prezzo del Bitcoin sembra correlato positivamente con i prezzi del petrolio, nonché con i titoli tecnologici, mentre è correlato negativamente con i tassi di interesse reali e il dollaro USA. Il bitcoin, secondo gli strateghi di Goldman, “probabilmente aumenterà le correlazioni con altre variabili del mercato finanziario, riducendo il vantaggio di diversificazione di detenere l’asset class“.
Gli esperti credono quindi che bitcoin e le altre valute digitali abbiano sofferto delle stesse forze macroeconomiche che hanno portato cambiamenti anche sui mercati convenzionali. Gli scenari sono infatti cambiati, la Fed e altre banche centrali avanzano verso una politica monetaria più stringente (aumentando i tassi), questo innesca una rotazione settoriale con titoli tecnologici in rosso e un petrolio che al contrario continua il suo rally.
Non è certo il primo sell-off violento
Le cripto sono molto volatili e l’ultimo drawdown ne è l’ennesima conferma, infatti, dal massimo storico dell’8 novembre 2021, il prezzo di bitcoin è sceso del 48% fino al minimo del 22 gennaio e non è andata diversamente per le altre valute digitali. Sulla base delle stime di Goldman, prima di quest’ultimo, ci sono stati 5 drawdown più importanti di questo dal 2011, con una media di declino del 77% da picco a minimo e una durata di 7-8 mesi. Il calo più importante nella storia della cripto per eccellenza è stato nel 2011 quando la valuta perse il 93% del proprio valore, mentre la fase ribassista più lunga è durata da dicembre 2013 a gennaio 2015.
Le criptovalute sono un investimento su qualcosa di fortemente innovativo, ma ancora in un mercato ridotto, volatile e non regolamentato. Questo non va visto per forza in modo negativo infatti esistono dei progetti validi ma hanno un obiettivo di realizzazione di medio-lungo e di conseguenza non bisogna tenere conto della volatilità nel breve termine, in quanto il rischio è quello di compromettere i propri investimenti.
Sul fronte regolamentazione la Russia, la Cina ed El Salvador sono la dimostrazione di come possa cambiare l’approccio alle criptovalute fra i diversi paesi. La banca centrale russa propone di vietare il mining e l’utilizzo di criptovalute in quanto rappresenterebbero una minaccia per la stabilità finanziaria, le politiche monetarie e il benessere dei cittadini. A settembre dello scorso anno la banca centrale cinese ha dichiarato illegali le valute digitali decentralizzate e ha proibito le operazioni in criptovaluta, dichiarando ufficialmente fuori legge tutte le attività correlate ad esse. Il colosso asiativo ha però lanciato la versione digitale dello yuan, questa non è una criptovaluta come bitcoin ma è emessa e controllata dalla banca centrale cinese.
Completamente diverso l’approccio di El Salvador dove bitcoin è diventata la valuta legale nel Paese. Approfittando dei recenti cali lo Stato ha continuato ad accumulare bitcoin con una mossa finanziaria nota anche come “buying the dip“.
Analisi tecnica
Dopo il raggiungimento del massimo storico a quota 68.991 $ il bitcoin si è incanalato in una fase ribassista. La situazione tecnica si è indebolita ulteriormente dopo la violazione del supporto in area 41.400 $, livello dove transita anche la trendline che ha accompagnato i rialzi della valuta del corso degli ultimi 2 anni, ora resistenza dinamica. In caso di prosecuzione della tendenza i supporti da monitorare sono prima a 35.000$, con target più profondo in area psicologica dei 30.000$. Al contrario in caso di un rimbalzo si potrebbe invertire la tendenza solo con un ritorno dei prezzi al di sopra dei 45.000 $ e ancor di più con il raggiungimento della media mobile a 200 periodi che transita a 48.800 $.