A Davos arriva la lettera che fredda investitori e gestori. Firmata Seth Klarman
Si chiama Seth A. Klarman, ed è noto anche come l’oracolo di Boston, visto che la lista dei suoi ammiratori comprende Warren Buffett, il famoso oracolo di Omaha, fondatore della holding Berkshire Hathaway.
Investitore miliardario di 61 anni, Klarman è a capo di Baupost Group, hedge fund tra i più grandi al mondo, che gestisce asset per ben $27 miliardi.
Contrariamente ad altri rappresentanti del gotha della finanza, il gestore non è andato in pellegrinaggio a Davos, dove oggi sono iniziati in via ufficiale i lavori del World Economic Forum, Forum economico mondiale.
Ma la sua consueta lettera annuale gli investitori, il cui contenuto è stato riportato dal New York Times, sta facendo molto rumore, vista la fiducia che il mercato ripone nelle parole del finanziere.
D’altronde, Klarman non è solito gridare ‘al lupo, al lupo’ senza che ci siano validi motivi.
Il New York Times lo descrive, di fatto, come un investitore “conosciuto per le sue analisi sobrie e meticolose che riguardano il mondo degli investimenti”. Per questo, la sua lettera fa ancora più paura, visto che il tono in essa presente è decisamente più fosco di quelle scritte in precedenza.
Una leadership americana che si fa sempre più appannata, accompagnata dalle crescenti lacerazioni che strappano il tessuto sociale a livello globale, e dall’aumento dei debiti.
La missiva di 22 pagine, che ha ricevuto il sostegno delle università di Harvard e di Yale, viene fatta circolare a Davos, dove presenziano i leader più importanti del mondo, poche ore dopo il downgrade sulla crescita economica globale dell’Fmi.
Il quadro che emerge è quello di investitori ignari dei diversi rischi che corrono: investitori compiacenti, che non solo vanno avanti come se quei rischi non esistessero, ma che stanno assumendo sempre più rischi.
“In un contesto in cui l’ordine mondiale costruito dopo la Seconda Guerra Mondiale continua a deteriorarsi, i mercati hanno continuato a ignorare le implicazioni di più lungo termine di un’America più isolata, di un mondo che va sempre di più alla deriva, e di una leadership globale” che rimane assente, dunque pronta a essere conquistata, scrive Klarman.
Nel citare anche la protesta dei gilet gialli che dalla Francia si sta diffondendo in tutta Europa, il finanziere parla di “frizioni sociali che rimangono una sfida per le democrazie di tutto il mondo e che ci portano a domandarci se siano state notate dagli investitori”. Anche perchè, aggiunge, “la coesione sociale è essenziale affinché chi ha il capitale investa“.
L’avvertimento farà sicuramente discutere visto che, oltre a essere uno dei pochi finanzieri che Warren Buffett davvero ammira, il gestore è ascoltato al punto che un suo libro fuori stampa è arrivato a essere venduto fino a 1.500 dollari su Amazon.
Dalla crisi finanziaria del 2008, avverte Klarman, praticamente ogni paese avanzato ha continuato ad accumulare debiti: un trend che potrebbe, a suo avviso, scatenare il “panico finanziario”. Viene fatto notare, d’altronde, come i rapporti debiti-Pil abbiano superato, nel periodo compreso tra il 2008 e il 2017, la soglia del 100% in Usa, e siano prossimi a testare quel livello in Francia, Canada, Regno Unito e Spagna.
“I semi della prossima grande crisi finanziaria potrebbero essere stati piantati nei livelli attuali dei debiti sovrani”, si legge ancora.
Klarman è preoccupato soprattutto per il carico dei debiti Usa, in particolare per le conseguenze che questi potrebbero avere sullo status del dollaro come riserva valutaria globale e, infine, sui fondamentali dell’economia americaba.
“Non c’è modo di sapere quale sia il livello di debito da considerare eccessivo, ma l’America arriverà inevitabilmente a quel momento in cui improvvisamente, un mercato del debito improvvisamente più scettico, si rifiuterà di continuare a erogare prestiti a tassi che possiamo permetterci. E, nel momento in cui una crisi del genere si presenterà, sarà probabilmente troppo tardi riuscire a mettere a posto i conti”.
Nonostante questi rischi, “gli individui, gli investitori professionali e i finanzieri sono propensi a proiettare nel futuro le esperienze che hanno vissuto più di recente. Di conseguenza, quando mancano le avversità, gli investitori diventano compiacenti, ritenendo che i bei tempi continueranno. E così, diventano sempre più noncuranti dei rischi, che percepiscono attraverso lenti colorate di rosa“.
Klarman, che per anni ha erogato finanziamenti al partito repubblicano Usa, e che è registrato come elettore indipendente, di recente ha votato per i democratici, nella speranza di neutralizzare il consenso di cui gode il presidente Donald Trump.
Trump è proprio in cima alla lista delle sue preoccupazioni. Ciò che gli incute più timore, nello specifico, è l’abitudine del presidente americano di bollare come “fake news” informazioni e notizie che sono invece corrette.
“Questo momento di post verità è alquanto pericoloso – avverte, rivolgendosi anche a quelle società tecnologiche del calibro di Facebook, Google e Amazon, i cui dirigenti si trovano in queste ore a Davos.
Società che fomentano l’ansia di Klarman, visto che “sempre più persone scelgono di cercare solo quelle notizie che vengono diramate da chi la pensa come loro”.
E il problema è che “la tecnologia e i social media hanno permesso che ciò accadesse in modo più facile”.
Investitori, gestori, e leader mondiali avvisati, dunque. Prima che sia troppo tardi.