Sprint rialzista petrolio, boom prezzi +11%. Mercato spera in Trump ma per S&P tagli output solo con Brent a $10
Un boom di questa portata, soprattutto in questo mercato, non lo si vedeva da parecchio. E invece gli acquisti tornano, e sono poderosi. Volano i prezzi del petrolio, con i futures sul contratto WTI balzati fino a +10%, o di $2,03, a $22,34 al barile e i futures sul Brent volati fino a +11,36%, o di $2.81, a $27,55 al barile.
Sul mercato, torna la speranza Opec +, l’alleanza tra i paesi Opec guidati dall’Arabia Saudita e i paesi non Opec ‘capitanati’ dalla Russia, che si è clamorosamente dissolta lo scorso mese, dopo il nulla di fatto nella riunione di Vienna.
Da lì, i prezzi del petrolio hanno inanellato tonfi record, sulla scia anche dell’effetto coronavirus con tanto di lockdown e di quarantena dell’economia, fattori che hanno scatenato il crollo della domanda di energia. Nelle ultime ore, sono arrivate però alcune notizie che stanno facendo sperare in un recupero delle quotazioni.
Intanto, Donald Trump si è mostrato determinato ad agire per tamponare la crisi che sta investendo il settore oil americano, annunciando la decisione di invitare i dirigenti dei giganti petroliferi Usa per sondare la possibilità di un aiuto.
“Incontrerò i produttori di petrolio nella giornata di venerdì – ha detto il presidente americano in conferenza stampa – Venerdì, oppure sabato, o forse domenica, incontrerò anche i produttori di petrolio indipendenti. Ci saranno diversi meeting sulla questione”.
Trump ha anche detto di aver parlato di recente con i leader di Arabia Saudita e Russia, e di essere fiducioso nella possibilità che i due paesi sotterrino l’ascia di guerra e pongano fine alla guerra dei prezzi addirittura tra qualche, abbassando la produzione e sostenendo così i prezzi. Uno stesso auspicio in tal senso è arrivato dal presidente russo Vladimir Putin, che ha lanciato un appello affinché si trovi una soluzione a un mercato petrolifero che si presenta “sfidante”.
Petrolio: Taglio immediato solo con Brent a $10?
Qualche segnale di speranza si è dunque manifestato. E tuttavia, lo scetticismo su una ripresa dei prezzi del petrolio è condiviso da diversi analisti. Kang Wu, responsabile della divisione Asia Analytics di S&P Global Platts, ha per esempio sottolineato che, con un mercato che fa fronte a un eccesso di offerta, nel secondo trimestre, di 15 milioni di barili al giorno circa, sono necessari tagli straordinari dell’offerta di petrolio sia a maggio che a giugno.
Nell’immediato non ci dovrebbe essere alcun taglio dell’output, secondo l’esperto, a meno che i prezzi del Brent non scendano attorno ai $10 al barile. Tra l’altro Kang Wu prevede una flessione della domanda globale di petrolio di 4,5 milioni di barili al giorno, per il 2020.
Le stime sono diverse, ma puntano tutte nella stessa direzione: quella di un tonfo della domanda di petrolio.
La società di ricerca Rystad Energy, per esempio, prevede che la domanda di petrolio crude scenderà, quest’anno, di quasi il 23% su base annua, attestandosi a 77,6 milioni di barili.
Flebili sono le speranze dunque di una ripresa dei prezzi, che sono crollati del 70% rispetto ai massimi di gennaio, capitolando ai valori più bassi in quasi due decenni.
Martedì scorso, nel commentare i capitomboli delle quotazioni, Trump non ha nascosto il proprio stupore: “C’è così tanto petrolio, e in alcuni casi vale probabilmente meno dell’acqua. In alcune parti del mondo l’acqua vale molto di più. Non abbiamo mai assistito a una cosa del genere”.
Indicazioni negative sono arrivate anche con i dati relativi all’offerta di crude dell’Arabia Saudita che, stando a quanto riportato da alcune fonti di mercato, è salita al record di oltre 12 milioni di barili al giorno, a dispetto del crollo della domanda, per l’appunto, e la richiesta americana al regno di smettere di inondare il mercato di petrolio.
“Questo è un chiaro segnale di come i sauditi non siano pronti a deporre le armi nella guerra dei prezzi, nonostante i russi ora dicano di non voler aumentare la produzione, visto l’eccesso di offerta presente sul mercato”, ha commentato ING in una nota.
Ciliegina sulla torta: le scorte di petrolio crude Usa sono salite di 13,8 milioni di barili, riportando il rialzo maggiore, su base settimanale, dal 2016. In vista delle elezioni presidenziali Usa di quest’anno, Trump ha più di un motivo per impedire il collasso del mercato della raffinazione Usa.
Per questo, parlerà di un piano di azione con i dirigenti dei giganti Exxon Mobil, Chevron, Occidental Petroleum Corp e Continental Resources, stando a quanto riportato dal Wall Street Journal. Nessun commento o conferma sono arrivati dai diretti interessati. L’American Petroleum Institute (API), che rappresenta l’industria petrolifera e del gas degli Stati Uniti, ha riferito comunque, secondo Reuters, che parteciperà al meeting organizzato da Trump, aggiungendo tuttavia che, “al momento, non stiamo cercando di ottenere alcun sussidio federale o interventi specifici per il settore per far fronte alla recente crisi del mercato”.