Notizie Notizie Italia Il destino di Tria: la testa pronta a cadere insieme a quelle di Toninelli e Moavero

Il destino di Tria: la testa pronta a cadere insieme a quelle di Toninelli e Moavero

1 Marzo 2019 09:50

La testa di Tria è destinata a cadere. Stavolta le indiscrezioni sull’addio del ministro Tria al governo M5S-Lega vengono riportate dal Fatto quotidiano: mentre la sua immagine viene macchiata dal caso Saccomanni, il quotidiano diretto da Marco Travaglio scrive che “i giorni del ministro dell’Economia Giovanni Tria sembrano contati“.

Un tempo visto come l’unico guardiano dei conti pubblici italiani, poi ‘downgradato’ a sovranista come tutti gli altri, infine accusato in alcuni editoriali di troppo ottimismo e poca obiettività nel giudicare la performance dell’economia italiana – con tanto di hashtag #cinetria su Twitter – Tria è al centro dei riflettori, ora più che mai.

Ma lui non avrebbe alcuna intenzione di dimettersi, secondo il quotidiano:

“Lui non ha certo voglia di dimettersi, nonostante i ripetuti scontri con i partiti di maggioranza, ma potrebbero essere Lega e Cinque Stelle a sacrificarlo nel rimpasto innescato dalle elezioni europee. I negoziati sono già cominciati, l’esito dipenderà anche dai rapporti di forza, cioè da quanto il M5S riuscirà a reggere l’erosione dei consensi. Ecco lo scenario che si delinea, secondo quanto riferiscono al Fatto fonti interne al governo”.

“Un minuto dopo le elezioni, una volta certificato il successo della Lega, Matteo Salvini aprirà la trattativa: più ancora che il ministero della Salute oggi affidato a Giulia Grillo, il suo primo obiettivo è il dicastero dei Trasporti, guidato oggi dal pentastellato Danilo Toninelli. Le Regioni del Nord a guida leghista premono perché sia un uomo loro a gestire gli investimenti miliardari in infrastrutture’.

Di conseguenza, la testa di Toninelli sarebbe destinata a cadere. Ma i 5S non accetterebbero un tale siluramento senza avere qualcosa in cambio:

“Per cedere il posto di Toninelli, quindi – riporta il Fatto Quotidiano – i Cinque Stelle pretenderanno di avere un uomo loro all’Economia, così da bilanciare il rafforzamento leghista e conservare diritto di veto su partite delicatissime per un Movimento che attinge consenso anche dalle proteste locali contro infrastrutture contestate”.

A cadere non solo la testa di Tria e Toninelli

Ma a cadere potrebbe essere anche la testa del ministro degli EsteriEnzo Moavero Milanesi, altro tecnico non organico ai partiti di maggioranza che oggi guida la Farnesina con la benedizione di Mattarella.

“Da quando Palazzo Chigi ha preso in mano la trattativa con l’Europa sulla manovra, Moavero ha fatto lui le funzioni di ministro per gli Affari europei”, è la frase con cui dentro la compagine di governo alludono a un possibile trasloco’ di fatto ‘liberando una casella di prestigio che potrà essere utile a Lega e Cinque Stelle per costruire un nuovo equilibrio di cariche. Nei mesi scorsi erano circolate voci sulle ambizioni di Alessandro Di Battista per la Farnesina, ma oggi un suo ingresso al governo sembra piuttosto improbabile”.

Tria è tornato sotto i riflettori dopo le pesanti accuse lanciate contro la Germania con cui, nel corso di un’audizione alla Commissione finanze del Senato, ha rivelato che l’Italia venne ricattata sul bail-in.

In che modo? “Se l’Italia non avesse accettato il bail-in si sarebbe diffusa la notizia che il sistema bancario italiano era prossimo al fallimento, il che significava avere il fallimento del sistema bancario”, ha spiegato il titolare del Tesoro.

In pratica, l’allora ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni “venne praticamente ricattato dal ministro delle finanze della Germania (l’allora Wolfang Schaeuble)”.

Tuttavia, qualche ora dopo, è stato lo stesso Mef a smentire, con una nota in cui si legge che “con un’espressione evocativa ma infelice il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giovanni Tria, durante l’informativa di oggi alla commissione Finanze del Senato, ha voluto fare riferimento a una situazione oggettiva in cui un rifiuto isolato dell’Italia di approdare la legislazione europea sul bail-in avrebbe potuto essere facilmente interpretato come un segnale dell’esistenza di seri rischi nel sistema bancario italiano”.

“Con questo il ministro – conclude la nota – non intendeva certamente lanciare un’accusa specifica né alla Germania né al ministro delle Finanze tedesco dell’epoca”.

Occhio inoltre ai dubbi sollevati dal quotidiano La Stampa, che ha ripreso alcuni tweet che Saccomanni scrisse all’epoca sull’istituzione del bail-in.

“L’allora ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni (oggi presidente di Unicredit) non diede l’impressione di aver firmato sotto ricatto, e lo testimoniano tre tweet di quel 27 giugno: «Un buon compromesso che contribuisce a spezzare il circolo vizioso fra rischio sovrano e bancario», «con la flessibilità necessaria a tener conto delle specificità nazionali».Tria in Commissione – prosegue l’articolo de La Stampa – ricorda che la Banca d’talia fece osservazioni in modo «discreto»: il riferimento è al documento consegnato dagli sherpa italiani al tavolo della trattativa il 12 marzo 2013. Di quei dubbi però non c’è traccia nei successivi discorsi pubblici del governatore e dei suoi vice, né nelle pubblicazioni ufficiali, con la sola eccezione di una nota a piè di pagina nel successivo Rapporto sulla stabilità finanziaria. Ci sono voluti il fallimento delle quattro banche nel 2015 (fra le altre Etruria e Banca Marche) e poi quella delle due ex popolari venete per far comprendere alla politica (fra cui l’allora ministro Pier Carlo Padoan) che quelle regole sarebbero state difficili da gestire”.

E’ stato poi lo stesso Saccomanni, a smentire nella serata di ieri, quanto rivelato da Tria. L’attuale presidente di UniCredit è stato interpellato a margine del Business Forum Francia-Italia. Secca la smentita: l’ex ministro dell’economia ha risposto alla domanda se sia stato o si sia sentito ricattato in questo modo: “Ma figuriamoci”.

Tornando a Tria, c’è da dire che indiscrezioni sulla sua testa prossima a cadere vanno in giro da mesi. Tra le ultime vicende, quella che avrebbe provocato l’irritazione del vicepremier e leader del M5S Luigi Di Maio. Uno sconto tra i due ci sarebbe stato sia sui conti pubblici che sulla Tav. Queste ultime avrebbero mandato su tutte le furie Di Maio.