Notizie Notizie Mondo All’ombra del Partenone rischio crack. L’Europa trema con Atene. Spread oltre quota 1000

All’ombra del Partenone rischio crack. L’Europa trema con Atene. Spread oltre quota 1000

15 Aprile 2011 14:30

Riforme strutturali, risparmi per 23 miliardi e privatizzazioni per 50 miliardi. E’ impervio il sentiero per spegnere la spia rossa sotto il cielo di Atene. Per il primo ministro greco, Georges Papandreou, non c’è scampo: anche se la strada è in salita, ha dettato questa mattina le linee guida che permetteranno il rientro del bilancio pluriennale greco. Misure economiche inevitabili per la salvezza dell’economia del paese. Da qui al 2015 i giochi Olimpici sono aperti. Gli obiettivi del piano sono ambiziosi: si parte da una riduzione delle spese dello Stato a circa il 44% del Pil dal 53% del 2009, in sintonia con la media dell’Eurozona, all’aumento delle entrate a circa il 43% dal 38% del 2009. Atene, se riuscisse negli intenti anticipati oggi riporterebbe le proprie uscite sugli stessi livelli del 2003 e le entrate addirittura sul livello del 2000. Una strada, ha sottolineato il Premier nel corso di un Consiglio dei ministri straordinario, che è necessaria percorrere “per traghettare dalla Grecia della crisi a quella della creazione”.


L’alternativa fa paura: è quella che passa per una ristrutturazione del debito pubblico che, come sottolineato sempre da Papandreou durante la diretta televisiva del Consiglio, significherebbe lo sganciamento del Paese dalla scena europea e mondiale, il suo isolamento, fallimento e impoverimento. Uno scenario, secondo il premier greco, che si può evitare ripensando la struttura del Paese stesso con l’appoggio di tutti i cittadini. Senza scendere nei dettagli del piano della rinascita, che saranno resi noti dopo Pasqua, Papandreou ha assicurato che nell’ambito delle privatizzazioni lo Stato conserverà il controllo strategico solo nei settori chiave. Tra le imprese candidate a uscire dall’ombrello pubblico rientrano la società delle ferrovie Ose in grave deficit, il gruppo dell’energia Dei considerato come il gioiello della corona, dove Atene ha attualmente più del 50% del capitale. Mentre nell’ambito della lotta contro gli sprechi il premier ha preannunciato la mobilità dei dipendenti tra settori privati e pubblici, che lascia prevedere la possibilità di una riforma dello statuto del settore pubblico, e ha parlato della creazione di un ente unico per gestire l’insieme delle prestazioni sociali.


Le grandi linee su cui si snoda il bilancio pluriennale greco non sortiscono però sul mercato l’effetto sperato, dove sale sempre di più il rischio Grecia. Questo pomeriggio ha toccato un nuovo record il rischio default del Paese ellenico percepito dagli investitori. I credit default swaps sono balzati a 1.147 punti. In altre parole gli operatori pensano che la probabilità che Atene possa fallire sia del 63% entro i prossimi cinque anni. Per il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble la Grecia è stata male interpretata dal mercato. “Le tensioni sul mercato debito sono dovute all’avversione al rischio, non tanto al timore di eventuali ristrutturazioni”, osserva invece Antonino De Gaetani, gestore obbligazionario di BNP Paribas Investment Partners.


“Quello che succede sui mercati è dettato dai rumors e il risultato è un elevato grado volatilità. In Grecia c’è stato un piano di salvataggio elaborato l’anno scorso, Fondo Monetario Internazionale e Unione europea stanno lavorando in modo coordinato per rendere sostenibile il sentiero del rientro dal debito. Da qui ai prossimi mesi non vedo rischi concreti di default, anche perché come dimostra anche il caso del Portogallo la situazione in Europa resta scottante e non conviene a nessuno che la Grecia fallisca”. Per Werner Hoyer, advisor presso il ministero degli Esteri in Germania, il rientro del deficit all’ombra del Partenone non sarà facile. “Commenti di questo tipo non sono certo di aiuto, specialmente perché arrivano nel momento in cui il governo greco disegna nuove misure di austerity”, notano Fabio Fois e Frank Engels di Barclays Capital. “Pertanto non dovremmo prestare troppa attenzione. Dopo tutto, diverse personalità del governo tedesco hanno chiarito recentemente che la ristrutturazione del debito non è un’eventualità da contemplare. Alla luce dei limitati progressi attuati da Atene sul terreno dell’aggiustamento fiscale, non saremmo però sorpresi – aggiungono – se le voci politiche che discutono sulla ristrutturazione del debito diventassero più numerose anche all’interno di altri paesi Core del Vecchio Continente”.