WeWork implode: fuga dal bond dopo licenziamenti e perdita monstre, futuro in bilico
Da valutazioni stellari a rischiosità alle stelle. WeWork, nota società immobiliare commerciale americana e gigante dei co-working, era una delle Ipo più attese ed era arrivata a un passo dall sbarco a Wall Street alla fine dell’aestate pet poi essere risucchiata in una crisi da cui appare difficile uscire. Fondata nel 2010 a New York, dopo una rapida ascesa verso un nuovo modello di business basato sulla fornitura di spazi di lavoro condivisi per start up e servizi tecnologici per le imprese, oggi il futuro di WeWork appare in bilico. Le cose si sono rapidamente complicate e il tentativo di quotazione in borsa è fallito dopo che gli investitori hanno ridimensionato drasticamente le loro valutazioni sull’azienda e sulle reali capacità di generare utili rispetto a quanto inizialmente preventivato dalle banche d’affari. Da una valutazione di 47 miliardi ora si è passati a meno di 10 miliardi.
Rischiosità evidenziata bene dal bond WeWork’s 7,875% (Isin USU96217AA99) con scadenza maggio 2025,unica cartina tornasole sul mercato dello stato di salute dell’azienda. Il valore del bond è sprofondato ulteriormente ieri dopo l’annuncio del taglio del 20% della forza lavoro toccando dei minimi a circa 70 centesimi di dollaro.
I conti non tornano: perdite per 1,25 mld e ben oltre i ricavi
Il valore del bond era già piombato in basso nelle scorse settimane dopo che la società ha reso noto che nel terzo trimestre dell’anno le perdite di gruppo sono più che raddoppiate, a 1,25 miliardi di dollari (+150%) a fronte di ricavi per 934 milioni. Questo perché – osservano gli analisti – la società negli ultimi anni si è espansa a dismisura incrementando la sua rete globale, ma non è stata in grado di tenere sotto controllo i costi di gestione e del personale. Così il bond high yield da 702 milioni di dollari collocato nel 2018, prezza oggi 71% del valore nominale per un rendimento a scadenza che super il 16% indicando quanto precaria è la sopravvivenza dell’azienda.
Softbank unica ancora di salvataggio
Ma non è tutto. La situazione è di fatto in rapido deterioramento e le banche finanziatrici chiedono un piano di ristrutturazione lacrime e sangue per salvare il gruppo. In soldoni si tratterebbe di 9,5 miliardi di dollari per evitare la bancarotta. Softbank, il conglomerato bancario giapponese attivo in investimenti di sturtup e settori tech, già azionista di WeWork, è pronto a iniettare 3 miliardi di dollari nella società diventando azionista al 80% con l’impegno a finanziare il gruppo con 5 miliardi e a concedere prestiti a breve per altri 1,5 miliardi in maniera tale da fornire a WeWork la liquidità necessaria per tornare in equilibrio finanziario con flussi di cassa positivi.
Cura da cavallo con chiusura uffici e taglio 20% forza lavoro
Al via intanto i licenziamenti. Sono 2.400 i dipendenti che verranno interessati dal taglio a livello globale da parte dell’azienda che si occupa di spazi di co-working. I lavoratori licenziati, a detta della società, riceveranno una buonuscita, benefit e altre forme di assistenza. I licenziamenti si sono resi necessari dopo la rinuncia allo sbarco in Borsa poco tempo fa, che ha messo in dubbio la redditività dell’azienda fondata da Adam Neumann.
Il piano di salvataggio prevede un taglio drastico della forza lavoro e la chiusura di uffici noncore, un po’ dappertutto, come quello della scuola privata a Manhattan. Fra le altre richieste da parte di Softbank c’è anche quella che il fondatore di WeWork, Adam Neumann, lasci il Cda per essere rimpiazzato dal presidente esecutivo di Softbank Marcelo Claure. La banca giapponese non ha mai gradito la presenza di Neumann ai vertici del gruppo per aver gonfiato sin dai tempi dell’Ipo (saltata) le valutazioni dell’azienda fino a 47 miliardi di dollari vantando successi imprenditoriali e continuando a dichiarare performance inesistenti.