Venezuela e petrolio: il piano Trump-Guaidò per mettere KO Maduro. Sanzioni contro ‘cassa di Stato’ Pdvsa
Sanzioni che puntano dritto al cuore dell’economia del Venezuela: sono quelle che il consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Bolton, ha annunciato contro Pdvsa, la società petrolifera venezuelana statale. Mai l’amministrazione Usa, finora, aveva imposto sanzioni così pesanti contro il paese: su Pdvsa è stato disposto un blocco degli asset, per un valore di sette miliardi.
Arrivare a controllare il petrolio venezuelano: è questa la strategia che Juan Guidò, promessa 35enne della politica del paese, autoproclamatosi presidente a interim del Venezuela la scorsa settimana, già bollato come una sorta di Obama venezuelano per il suo “Si, se puede”, vuole adottare insieme agli alleati internazionali che lo appoggiano nella guerra contro il regime di Nicolas Maduro: Donald Trump in primis.
Ed è così che il Tesoro Usa ha spiegato l’imposizione di sanzioni contro la società statale Pdvsa:
“Tutti gli immobili e gli interessi in immobili che fanno capo a Pdvsa e che sono soggetti alla giurisdizione americana sono bloccati, e al personale Usa è vietata qualsiasi transazione con la società. Chi opera nel settore petrolifero dell’economia venezuelana potrebbe essere soggetto a sanzioni”, si legge nel comunicato.
Nel corso di una conferenza stampa il segretario al Tesoro Usa Steven Mnuchin ha fatto inoltre notare che Pdvsa, vera e propria cassa di Stato, si è confermata diverse volte strumento di corruzione e di appropriazione indebita di fondi da parte di funzionari governativi e uomini d’affari.
A questo punto le sanzioni imposte, ha aggiunto Mnuchin, impediranno a Maduro di ricevere i finanziamenti della società, e saranno ritirate soltanto quando il regime attuale, accerchiato dall’Occidente, deciderà di mettersi da parte, consegnando il controllo di Pdvsa al governo successivo.
“Affinché le sanzioni contro Pdvsa vengano ritirate – ha spiegato il segretario al Tesoro – è necessario che il controllo della società venga trasferito in modo rapido al presidente a interim (Juan Guaidò) o a un governo frutto di elezioni democratiche che si impegni a varare azioni concrete e significative per combattere la corruzione”.
Il Venezuela è il paese che dispone delle maggiori riserve di petrolio al mondo, e fa parte dell’Opec.
Tuttavia, la crisi che ha affossato la sua economia ha fatto sì che le esportazioni di petrolio, nell’intero 2018, crollassero a una quantità inferiore a 1 milione di barili al giorno, rispetto agli 1,6 milioni del 2017 (stando ai dati resi noti da Refinitiv e riportati da Reuters).
Il calo della produzione si spiega con la profonda recessione che ha colpito il paese, provocando il crollo degli investimenti e l’interruzione, anche, di quei rifornimenti di attrezzature e di energia cruciali per l’estrazione dell’0ro nero.
La crisi venezuelana è riassunta in alcuni grafici pubblicati in un articolo della BBC, inerenti ai problemi che stanno affliggendo il paese da quando Nicolas Maduro ha preso il potere nel 2013.
Iperinflazione: Uno studio stilato dall’Assemblea Nazionale del Venezuela, controllato dall’opposizione al regime di Maduro, ha messo in evidenza che il tasso di inflazione è volato a 1.300.000% nei 12 mesi terminati lo scorso novembre.
Fino alla fine dello scorso anno, i prezzi sono raddoppiati in Venezuela ogni 19 giorni, in media. L’iperinflazione ha ridotto il popolo venezuelano, incapace di accedere ai beni di prima necessità a causa dei prezzi alle stelle, alla fame. E il paese sarebbe destinato, secondo le stime diramate dal Fondo Monetario Internazionale, ad assistere a un tasso di inflazione pari a 10 milioni per cento, nel corso di quest’anno.
Contestualmente, negli anni è aumentata la quantità di bolivar necessaria per acquistare un dollaro Usa.
Collasso del Pil, dovuto a corruzione ed elevati livelli del debito. Quella che era l’economia più ricca dell’America Latina si è trasformata in una economia da incubo con il leader attuale Nicolas Maduro.
Impennata dei casi di malaria negli ultimi anni, a causa dell’impossibilità di accedere alle medicine a alle cure mediche, sempre a causa dei prezzi troppo elevati.
Crollo della produzione di petrolio. A tal proposito, vale la pena sottolineare che la crisi del paese è iniziata di fatto nel 2014, parallelamente al tonfo dei prezzi del petrolio, che hanno perso quasi il 40% nell’arco di appena sei mesi.
Fuga dei venezuelani: le destinazioni più gettonate.
Sostenitori e oppositori del regime di Nicolas Maduro e del presidente ad interim Juan Guaidò. Tra i sostenitori di Maduro, si mettono in evidenza Russia e Cina.
Dopo la notizia dell’imposizione delle sanzioni, i prezzi del petrolio sono saliti, senza schizzare tuttavia al rialzo. La ragione si spiega con i fondamentali del mercato petrolifero che, secondo gli analisti, rimane ben rifornito di petrolio. In particolare Jeffrey Halley, analista della divisione di brokeraggio OANDA, ha sottolineato che “la questione più significativa è rappresentata dall’offerta (globale di petrolio) che, nonostante le migliori intenzioni dell’Opec rimane ampia”.
I dati parlano chiaro: a livello globale l’offerta rimane elevata, grazie all’aumento della produzione degli Stati Uniti, che lo scorso anno è stato superiore a 2 milioni di barili al giorno e che ha portato l’offerta al record di 11,9 milioni di barili al giorno.
“L’appetito americano per la produzione di petrolio è insaziabile e non mostra alcun segnale di rallentamento, almeno nel breve periodo”, ha fatto notare Matt Stanley, broker presso Starfuels a Dubai.