Notizie Notizie Mondo Vendite sul mercato, una sana pausa di riflessione dopo elevati guadagni

Vendite sul mercato, una sana pausa di riflessione dopo elevati guadagni

2 Marzo 2007 09:17

La vulnerabilità dei mercati finanziari è dovuta principalmente a due motivazioni. La prima: i mercati registravano una crescita quasi ininterrotta dalla metà di giugno dello scorso anno, un periodo insolitamente lungo, e per questo erano, in un certo senso, sovrastimati. La seconda: alcuni mercati, in special modo nell’area Asia-Pacifico e nei mercati emergenti, hanno sforato i range di valutazione entro cui erano rimasti negli ultimi 4/5 anni. I mercati europei (escluso il Regno Unito) hanno raggiunto i livelli massimi del range di valutazione ed anche per questo la frenata non è stata controbilanciata.


Giovedì scorso la piazza finanziaria di Shanghai ha perso il 9%. E’ possibile che la Cina abbia “esportato” il crollo? In realtà è poco probabile: il crollo della borsa cinese è avvenuto successivamente ad un rialzo del 13% avutosi nelle precedenti sei giornate, in risposta ai rumours secondo cui le autorità cinesi erano sul punto di porre freno agli eccessi speculativi e al trading illegale sulle azioni cinesi. Queste non rappresentano ragioni sufficienti ad incentivare la vendita su altri mercati, e la correlazione tra il mercato azionario cinese e gli altri mercati è piuttosto bassa.


Il nervosismo relativo all’andamento dell’economia statunitense potrebbe rappresentare un fattore più significativo. Il sentiment di mercato negli ultimi tempi sembra aver ondeggiato in modo sensibile in relazione ai dati economici, spostandosi da posizioni abbastanza ottimistiche ad altre molto più pessimistiche. La notizia della  flessione dell’8% negli ordini delle merci durevoli statunitensi non ha certo aiutato (sebbene questa sia un segmento particolarmente volatile  e gran parte del crollo sia attribuibile ad una caduta degli ordini di Boeing). Di fatto, i dati dell’economia statunitense rimangono in linea con una crescita del PIL tra il 2 e il 2½ %, lo stesso valore dal secondo trimestre dell’anno scorso, e lo stesso che riteniamo rimarrà per tutto il primo semestre del 2007.


Su questa percezione hanno inciso negativamente anche le dichiarazioni di Alan Greenspan, preoccupato di una possibile recessione in USA, riportate nei titoli di alcuni quotidiani. Greenspan ha messo in luce alcuni segnali che mostrano come gli Stati Uniti siano nella fase terminale del ciclo economico (ad esempio l’alto rapporto utili/PIL) e come per questo possa esserci la possibilità di una lieve recessione, anche se prevederla ora è azzardato. Tuttavia, le sue parole potrebbero essere state interpretate in modo non del tutto corretto. 


La corsa al rialzo nei mercati dei bond governativi, parallela a forti vendite di prodotti finanziari più rischiosi, suggerisce una tendenza generale di aumentata avversione al rischio. Dietro a questo nervosismo vi sono gli ultimi sviluppi (negativi) nel mercato dei mutui negli Stati Uniti. Finora sembrava che questi problemi potessero essere confinati al mercato dei mutui, ma forse ora c’è la paura di una restrizione più sensibile dei credito negli Stati Uniti. La riduzione degli standard per la concessione di prestiti potrebbe rallentare la crescita futura statunitense.


Un’ulteriore preoccupazione, dato il rialzo dello yen di un punto e mezzo percentuale, è la fine del cosiddetto “carry trade”. Se questo rialzo sarà repentino (un +10% nel corso di alcuni giorni) potrebbe condurre ad ulteriori vendite degli asset a più alto rischio (anche se in realtà nessuno sa qual è la portata di questo “carry trade”).


La nostra conclusione è quindi che i mercati si stiano prendendo una pausa a lungo attesa. Dati gli elevati guadagni ottenuti dalla metà di giugno dello scorso anno e la valutazione di alcuni mercati, la situazione potrebbe peggiorare, per poi migliorare. I fondamentali economici rimangono sostanzialmente favorevoli e questo non sembra essere l’inizio di una fase ribassista, a meno che non si verifichi una forte restrizione del credito negli Stati Uniti o un collasso del carry trade.


di Tony Dolphin 

Director of Economics and Strategy di Henderson Global Investors