UniCredit, Intesa, Mps & Co: titoli banche italiane vicini o oltre target price. Focus rimane su BTP e NPL

Target price vicini o in alcuni casi anche superati: ormai la corsa dei titoli bancari italiani è finita? In un articolo dedicato alle banche italiane, Bloomberg segnala che alcuni fattori che hanno catalizzato fino a oggi gli acquisti in Borsa, come i vari piani di ristrutturazione varati dagli istituti e le pulizie di bilancio -basti pensare che i crediti deteriorati che hanno assillato il settore italiano, NPL (non performing loans), sono scesi di oltre il 50% dal 2016, a $120 miliardi – si stanno smorzando.
E non perchè tali processi si siano fermati, tutt’altro, ma perché evidentemente i mercati hanno scontato o tra un po’ avranno scontato un bel po’ di queste operazioni che, non essendo più novità assolute, non saranno neanche più motivi di scommesse sui titoli.
D’altronde, i buy non sono certo mancati sui titoli delle principali banche italiane:
“Da Intesa a Bper, le banche italiane quotate in Borsa vanno verso il 2020 con un ritorno superiore del 15% rispetto al settore, segnato negli ultimi 12 mesi, e con un margine di rialzo inferiore a +10% rispetto al valore medio dei target price.
Target price, il caso UniCredit
“Il balzo +30% messo a segno da UniCredit dallo scorso agosto ha chiuso una parte rilevante del gap di valutazione del titolo rispetto al settore. Si attende a questo punto la presentazione del nuovo piano strategico, che avverrà il prossimo 3 dicembre, e che sarà un fattore chiave per determinare ulteriori ed eventuali re-rating”.
Sta di fatto che le azioni di UniCredit hanno sovraperformato le più grandi rivali europee di quasi il 15%, in media, negli ultimi tre mesi, aiutate dallo smobilizzo di altri asset non performanti (NPE) per un valore di 5,4 miliardi di euro nel trimestre, da un bilancio del terzo trimestre migliore delle attese e dal miglioramento del quadro politico in Italia”.
Detto questo, “la debole traiettoria dei ricavi implica che, centrale per il nuovo piano saranno le nuove efficienze sui costi, anche se sospettiamo che i risparmi siano già arrivati. La banca potrebbe agire come consolidatore del settore (bancario) a partire dal 2021 in poi, sebbene il ratio tra il prezzo del titolo e il valore netto contabile tangibile pari a 0,5 suggerisca che, nel breve termine, un uso migliore dei fondi in eccesso potrebbe essere rappresentato dai buyback”.
Titolo Intesa ha già superato il target price
Riguardo agli altri titoli e al gap che rimane da colmare per testare i relativi target price, Bloomberg segnala in generale che “il rally del 25% messo a segno dalle banche italiane ha rimosso lo sconto in eccesso che avevano da parecchio nei confronti dei target price, rispetto al più ampio settore bancario europeo.”
In particolare Mediobanca (7%), Ubi Banca (5%) e Intesa (3%) hanno ricevuto in media upgrade dei loro target price tra i più significativi di quelli ricevuti dalle banche europee, rispetto ai minimi testati ad agosto.
Tanto che Intesa SanPaolo ora è scambiata al di sopra del suo target price (rivisto al rialzo), mentre la banca sofferente ormai da molti anni, ovvero Monte Paschi, è lontana dal suo obiettivo di prezzo del 5% circa”.
Bloomberg riconosce che, “tradizionalmente, le stime forward e i target price di fine anno tendono ad aggiungere circa il 10% ai target price”. Tuttavia, “sospettiamo che ci vorrà di più per rinfocolare l’entusiasmo per le valutazioni dei titoli bancari”.
Nell’articolo viene messo in evidenza che le banche italiane vengono scambiate, in media, a un valore pari a 0,50 volte il valore contabile tangibile del 2020, per una media del ROTE pari al 5,5%, rispetto ai valori europei del settore bancario, pari rispettivamente a 0,8 volte e a un ROTE del 9%. Le banche italiane, più che le banche di qualsiasi altro mercato dell’Unione europea, offrono la forchetta più ampia di qualità, di ristrutturazione, di ritorno sul capitale e di beta.
Mediobanca e Intesa rimangono i nomi di qualità più alta e con i ratinge elevati e le banche più stabili, mentre UniCredit e Banco BPM sono le scelte per quei nomi di banche liquide, in ristrutturazione, che più probabilmente sono destinate a sovraperformare in un contesto di risk-on.
Facendo riferimento ai valori dei ROTE e dei valori di libro tangibili per azione stimati per il 2020, calcoliamo che il 15% del costo di equity incorporato nel titolo Banco BPM è secondo solo a Raiffesien. Il 13,5% di UniCredit pone la banca in linea con Barclays, Santander e SocGen, e a un valore a premio di due punti percentuali rispetto alla media del settore.
Non solo target price, spina doom loop sempre monitorata
L’articolo ricorda che “uno dei fattori chiave dei titoli delle banche italiane rimane il contesto economico e politico” e che “i rendimenti dei bond italiani continueranno a mostrare una forte correlazione con le banche (italiane).
A al proposito, le banche italiane detenevano $450 miliardi di titoli di debito pubblico a ottobre, più del 20% in più rispetto all’inizio del 2019 e ai livelli record in termini percentuali rispetto ai loro asset totali. Un elemento da ricordare in modo significativo, visto che molti interventi di lungo termine di Mario Draghi nelle vesti di presidente della Bce sono caduti nel vuoto, come gli appelli del banchiere affinché le banche spezzassero il loop (doom loop) con i bond sovrani. Tra l’altro la questione spinosa del doom loop è tornata alla ribalta, a causa della polemica infuriata in Italia e tuttora in corso sull’impatto che la riforma del Mes, Fondo salva-stati, avrebbe sull’Italia, con tanto di Salvini e altri sovranisti che paventano gli scenari peggiori.
Viene ricordato come BNP e Credit Agricole siano le principali banche non italiane che presentano un’esposizione significativa verso l’Italia. In questo contesto, “prevediamo per il 2020 un ulteriore fase di consolidamento , nell’intento di accelerare le fasi finali della pulizia di bilancio e al fine di garantire nuove sinergie sui costi”
In generale, “le banche italiane dovrebbero continuare a beneficiare del restringimento dello spread sovrano, che serve come barometro per monitorare il rischio politico ed economico e che dunque viene riflesso nel cost of equity. Altri fattori positivi includono costi della raccolta inferiori e un miglioramento nelle operazioni di asset management e nella posizione di capitali”.
Bloomberg mette in evidenza che lo spread BTP-Bund è sceso di 120 punti base dall’inizio dell’anno, grazie all’atteggiamento dovish della Bce e all’allentamento delle tensioni con la Commissione europea”.
Viene segnalato anche come gli istituti abbiano “fatto progressi significativi nel percorso di riduzione degli NPL, che sono capitolati di quasi il 50% rispetto ai $400 miliardi circa della fine del 2016, grazie alla combinazione della cartolarizzazione delle Gas e ad altri smobilizzi.
UniCredit, in particolare, può vantare il ratio NPE più basso tra gli istituti di credito tradizionali (pari al 5,7%), visto che il rapporto, negli ultimi quattro anni, è sceso più di 10 punti percentuali.
Inoltre, “l’accordo con Prelios del terzo trimestre è stato un passo importante per Intesa, visto che ha riguardato la cartolarizzazione di prestiti UTP (più difficili da smobilizzare rispetto a quelli dei casi di default) di un valore di tre miliardi di euro”.
Infine, “i ratio NPE di Banco BPM e Ubi Banca sono inferiori al 10% e Bper dovrebbe fare meglio del suo target per l’anno prossimo, pari al 9%, vista la nuova cartolarizzazione annunciata. Il ratio di Mps dovrebbe scendere al di sotto del 12,5% entro la fine dell’anno, visto che l’Italia sta esploranzo opzioni per procedere allo spin off di 10 miliardi di euro di NPE”.
Insomma, progressi ce ne sono. Ora bisogna vedere se il mercato troverà altri motivi, nel 2020, per continuare a scommettere sulle banche italiane.