UniCredit e il piano di Orcel in Russia: vendere la controllata. Per poi magari ricomprarla. L’ottimismo contrarian dell’AD
L’idea di UniCredit di Andrea Orcel: vendere la divisione russa in modo da ricomprarla quando la situazione geopolitica migliorerà. In realtà la parola fine alla guerra tra la Russia di Putin e l’Ucraina di Zelensky appare sempre più lontana. Ma, stando a fonti interpellate da Bloomberg, Orcel starebbe considerando l’opzione di mettere in vendita la controllata russa attraverso una struttura che permetterebbe un suo eventuale riacquisto in seguito, a seconda delle condizioni geopolitiche e di mercato.
L’agenzia di stampa ricorda che UniCredit ha già incassato un onere di 1,85 miliardi di euro legato alla sua unità russa, e che il ceo Orcel sta cercando di concludere un accordo che limiti il più possibile ulteriori perdite a carico della banca italiana, legate alla guerra in Ucraina.
L’approccio lento che l’amministratore delegato ha deciso di adottare contrasta sicuramente con quello della francese Société Generale, che ha disposto poco dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia (avvenuta lo scorso 24 febbraio) la vendita della sua divisione nel paese.
Leggi anche
UniCredit nella trappola di Putin, costo Russia sotto la lente.
Banche europee, il punto delle agenzie di rating UniCredit, Orcel: ‘con Russia-Ucraina asticella M&A più alta, parte capitale eccesso servirà ad assorbire shock guerra‘
Orcel: ‘stiamo considerando opzione, ma anche come aiutare staff e aziende’ in uscita
La controllata russa di UniCredit ha una clientela corporate composta da circa 1.500 aziende, a fronte di una forza lavoro di 4.000 dipendenti:
l’interesse nei suoi confronti è stato manifestato da istituzioni finanziarie russe che non sono state colpite ancora dalle sanzioni e da società che desiderano ottenere una licenza bancaria in Russia. I potenziali acquirenti provengono da paesi come Cina, Turchia e India.
All’inizio di giugno l’agezia Reuters aveva riportato, sulla base di quanto appreso da due fonti vicine al dossier, che UniCredit aveva intavolato trattative con (potenziali) acquirenti locali (dunque russi), ma che l’escalation delle sanzioni imposte dall’Occidente contro la Russia aveva ostacolato i negoziati, portando Piazza Gae Aulenti a estendere la propria ricerca a paesi che includono per l’appunto Cina e India, dove una delle due fonti aveva riferito che avrebbero potuto esserci anche società interessate a rilevare gli asset della banca russa.
Si era appreso anche che, all’inizio di marzo, la divisione russa di UniCredit aveva sostituito due esponenti del cda italiani con due cittadini serbi.
Le fonti avevano riferito nelle ultime settimane anche l’intenzione del ceo Andrea Orcel di perseguire una qualsiasi transazione che potesse valorizzare la partecipazione, escludendo quegli accordi che avrebbero rischiato di erodere i cuscinetti di capitale di UCG.
UniCredit ha indubbiamente pagato lo scotto della sua esposizione verso la Russia.
Nell’attesa dei risultati di bilancio relativi al secondo trimestre, vale la pena di ricordare che un conto è stato infatti l’utile netto riportato dall’istituto di credito escludendo la Russia, un altro è stato l’utile netto incluso il fattore Russia. Escludendo la Russia, UniCredit ha chiuso il primo trimestre 2022 con un utile netto a €1,2 miliardi, in rialzo di 91,1 per cento trim/trim e del 48 per cento a/a.
Includendo invece la Russia, la banca ha comunicato di aver riportato nel primo trimestre un utile netto di 247 milioni, in flessione del 72,7% su base annua, dopo aver contabilizzato, in via prudenziale, rettifiche su crediti per 1,3 miliardi quasi interamente verso la Russia.
La trimestrale ha messo in evidenza un taglio della partecipazione russa di 2 miliardi di euro
Nell’articolo odierno Bloomberg ricorda che UniCredit, l’austriaca Raiffeisen Bank International e Societe Generale erano le banche europee più esposte verso la Russia, alla vigilia dell’invasione dell’Ucraina da parte delle forze di Putin.
SocGen ha poi raggiunto un accordo per vendere la sua unità russa Rosbank PJSC alla società di investimenti russa dell’uomo più ricco della Russia, Vladimir Potanin.
Raiffeisen dal canto suo ha riferito che sta esplorando diverse opzioni e alternative, tra cui anche quella di non rinunciare alla sua proprietà.
Dall’inizio del conflitto russo-ucraino, diverse sono state le aziende occidentali attive in Russia che hanno rinunciato ai loro business, sia per le sanzioni imposte su Mosca che per il cosidetto rischio reputazionale.
Occhio alle dichiarazioni rilasciate dall‘ex presidente di UBS Axel Weber che, all’inizio dell’anno, ha detto di non intravedere alcun futuro per le banche internazionali in Russia, anche in caso di cessate il fuoco, in quanto Putin ha trasformato il paese in un pariah globale.
Ma Orcel evidentemente non la vede in questo modo, e dimostra un certo ottimismo riguardo alla possibilità che magari, con la fine della guerra, la Russia rientri nei mercati globali.
Bloomberg riferisce che, ad alimentare la fiducia è la consapevolezza che, dopo tutto, la controllata russa sta riportando una buona performance, beneficiando del fatto che altre principali banche russe come Sberbank, VTB Bank e Alfa Bank non possono fare business a causa delle sanzioni. “Svalutarla e regalarla non è qualcosa di coerente con le sanzioni e, a nostro avviso, non è moralmente corretto”, aveva detto Orcel il mese scorso.