Stress test, Fed: banche Usa tutte promosse, da luglio boom dividendi e buyback. In Italia scalpitano azionisti Intesa e altri. A breve verdetto Bce
E ora, per la gioia degli azionisti delle grandi banche di Wall Street, un bel boom di dividendi? Presto per dirlo, ma gli analisti intervistati da Reuters avevano già previsto fino a $130 miliardi di cedole e di buyback azionari a partire dal mese di luglio, una volta che i colossi avessero superato gli stress test della Fed.
E così è stato: le 23 banche più importanti degli Stati Uniti hanno superato la prova. Lo ha annunciato la stessa Federal Reserve nella giornata di ieri, dopo la chiusura dei mercati.
Dagli stress test è emerso, infatti, che gli istituti considerati riuscirebbero a fronteggiare facilmente una grave recessione, in quanto tutti hanno a disposizione – si legge nel comunicato della Fed – capitali “ben al di sopra” dei livelli minimi richiesti in caso di un forte rallentamento dell’economia.
Ma ci sono altri analisti ancora più ottimisti sull’arrivo delle cedole,.
Il grafico sotto elenca le aspettative sui dividendi e sulle operazioni di buyback che soltanto le sei principali banche americane dovrebbero essere pronte, a questo punto, a sborsare.
Si tratta di JP Morgan, Bank of America, Wells Fargo, Citigroup, Morgan Stanley e Goldman Sachs, che dovrebbero essere pronte a versare $142 miliardi tra dividendi e operazioni di buyback dei titoli azionari.
Immediata la reazione in Borsa, con il sottoindice di riferimento dei titoli bancari KBW Bank Index salito dell’1,5% alle 17 ora di New York, dunque nelle contrattazioni dell’afterhours dopo l’annuncio.
Avendo superato gli stress test, le banche americane non saranno più sottoposte alle limitazioni imposte sull’erogazione dei dividendi e sulle operazioni di buyback azionari, che hanno dovuto osservare a partire dal 2020, a causa dell’esplosione della pandemia Covid-19, fino a oggi.
Non che la Fed, vale la pena precisarlo, sia stata alla fine così severa con gli istituti di credito: sicuramente non come la Bce, che è stata la più rigida con le banche (dell’Eurozona), imponendo loro addirittura lo stop alle cedole e la sospensione di operazioni di buyback già alla fine di marzo del 2020.
Motivo: liberare capitali, per canalizzarli in prestiti a favore dell’economia azzoppata dalla crisi COVID-19 e di aziende e famiglie assetate di liquidità. No dividendi relativi al 2019 e al 2020, aveva precisato il Supervisory Board della banca centrale europea.
In America erano state invece otto tra le principali banche a decidere, a metà marzo del 2020 che, nel corso del secondo trimestre, avrebbero fermato le operazioni di buyback azionario, “in linea con il nostro obiettivo congiunto di utilizzare il nostro capitale e la nostra liquidità significativi per fornire il massimo sostegno alle persone, alle piccole imprese, e all’economia in senso più ampio, attraverso i prestiti e altri servizi importanti”.
Le otto banche erano state JP Morgan, Citigroup, Wells Fargo, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of New York Mellon, State Street, Bank of America.
Poi, alla metà di giugno del 2020, era arrivata la decisione della Fed, che aveva stabilito per le principali 34 banche americane il divieto di buyback e limitazioni (dunque, paletti ma non uno stop totale) alla distribuzione delle cedole nel terzo trimestre dell’anno.
In Eurozona si aspetta verdetto Bce: dividendi ghiotti per…
Ben altra storia quella della Vigilanza della Bce, che ha lasciato a bocca asciutta gli azionisti delle banche e società finanziarie dell’Eurozona, diventando così bersaglio di non poche critiche arrivate direttamente dal mondo dell’alta finanza: tra gli appelli, si ricordano quelli dell’ex ceo di UniCredit Jean Pierre Mustier e Lorenzo Bini Smaghi
Il no alle cedole della Bce aveva infatti avuto orti ripercussioni sulle quotazioni dei titoli bancari. La fine della dieta ferrea per gli azionisti è stata annunciata solo alla metà di dicembre, e non è stata certo un via libera incondizionato all’erogazione di dividendi e ai buyback: ‘evitare o limitare distribuzione fino a 30 settembre 2021’, stabiliva la Vigilanza di Andrea Enria, che toglieva lo stop totale, vero, introducendo però una ghigliottina sulle cedole.
“La Bce prevede che i dividendi e le operazioni di buyback azionari rimangano al di sotto del 15% dei profitti cumulati del periodo 2019-2020, e che non siano superiori ai 20 punti base del Common Equity Tier 1 (CET 1) – recitava la nota, che confermava le indiscrezioni sulla possibile imposizione di un cap, di un tetto massimo, sui dividendi. Ancora: “Le banche che intendono pagare i dividendi o riacquistare le proprie azioni devono essere in utile e disporre di traiettorie di capitali robuste”. La Vigilanza informava, anche, che le raccomandazioni sarebbero rimaste valide fino al settembre del 2021.
C’è insomma ancora da aspettare, anche se una rassicurazione è arrivata recentemente da Luis De Guindos, vicepresidente della Bce. Una data cruciale sarà il prossimo 23 luglio, e c’è chi pregusta già ghiotte cedole in arrivo:
nel caso dell’Italia, in particolare, per Intesa SanPaolo. Occhio alla classifica, che vede protagoniste anche UniCredit, Banca Mediolanum e Banca Generali.
Tornando alle banche americane e all’annuncio della Fed, i 23 istituti più importanti degli Stati Uniti hanno superato la prova in quanto, nonostante la crisi, disporrebbero ancora di più del doppio dei livelli capitali minimi richiesti.
Lo scenario simulato dalla Fed per gli stress test è quello di “una grave recessione globale” che colpirebbe il mercato immobiliare commerciale e i detentori di corporate bond, provocando un tasso di disoccupazione pari al 10,8% e un crollo di Wall Street del 55%.
Secondo gli analisti, la promozione degli istituti si tradurrà in un aumento delle operazioni di buyback e dei dividendi agli azionisti di decine di miliardi di dollari, a partire dal mese di luglio.
In ogni caso, la Fed ha dato istruzioni alle banche affinché aspettino la sessione di lunedì per annunciare modifiche alle loro politiche di remunerazione.
Così ha commentato alla Cnbc Ken Usdin, analista di Jefferies: “Fino a quando i loro livelli di capitale rimarranno al di sopra di quelli richiesti e di altri parametri, ogni trimestre le banche potranno fare tecnicamente quello che decidono di fare con i dividendi e i buyback”.
Certo, non tutte le indicazioni arrivate dalla Fed sono state positive. Tutt’altro: visto che, nel caso in cui lo scenario di grave crisi economica ipotizzato si concretizzasse, tutte le banche esaminate incorrerebbero in una perdita di quasi mezzo trilione di dollari, pari per la precisione a $474 miliardi. Grazie alle munizioni di cui dispongono sotto forma di capitali, le stesse riuscirebbero comunque a continuare a erogare crediti all’economia reale.
A questo punto, si attende una carrellata di comunicati stampa per la giornata di lunedì, in base a quanto stabilito dalla Fed.
Gli analisti di Morgan Stanley sono positivi: “Abbiamo superato la crisi, i limiti temporanei che la Fed ha imposto ai ritorni di capitale scadono il 1° luglio, e le banche hanno eccessi di capitali significativi. Dunque, ci aspettiamo aumenti delle cedole”.