Stangata sui risparmi: tassazione su rendite finanziarie da oggi al 26%, opzione affrancamento
Nuovo salasso fiscale per gli italiani. Questa volta l’aggravio della tassazione riguarda i risparmi. Entra infatti in vigore oggi l’aumento della tassazione sulle rendite finanziarie che passa al 26% dal 20% precedente che va ad aggiungersi all’aumento dell’imposta di bollo sui conti titoli scattato a inizio anno.
L’aumento della tassazione riguarderà le azioni, i principali strumenti finanziari e anche conti correnti, conti deposito e conti postali. Unici salvi rimangono i titoli di Stato, con Bot e Btp che manterranno l’aliquota agevolata del 12,5%, così come le polizze, mentre quella sui fondi pensione rimarrà all’11%.
La tassazione sulle rendite finanziarie era stata riformata appena due anni fa sotto il governo Monti con l’aliquota sui titoli di Stato che era stata ridotta al 12,5% mentre per azioni, fondi, conti deposito era stata uniformata al 20%. In precedenza quella sui conti deposito era del 27%. Secondo gli ultimi dati disponibili a fine 2012 sui depositi bancari c’erano ben 692 miliardi di euro, ben oltre i 180 mld di titoli di Stato detenuti dalle famiglie italiane.
Gli effetti dell’aumento dell’aliquota al 26%
Per chi investe ci sarà quindi un considerevole aggravio. Su un investimento di 25.00 euro in azioni, considerando un guadagno ipotetico del 6% annuo, pari a 1.500 euro, la nuova aliquota al 26% comporterà un prelievo fiscale di 390 euro rispetto ai 300 euro con l’aliquota del 20%. A questi poi vanno aggiunti 100 euro dovuti per l’imposta di bollo sui conti titoli, salita quest’anno allo 0,2 per cento dallo 0,15% precedente.
Le stime del governo Renzi prevedono introiti aggiuntivi per 3 miliardi di euro nel 2015 dalla stretta sulle rendite finanziarie. In particolare 755 mln di euro arriveranno proprio dalla maggiore tassazione sugli interessi per depositi e conti correnti. Cifra destinata a salire a 1,1 miliardi nel 2016. Quest’anno gli effetti dell’aumento delle rendite finanziarie saranno limitati a 720 milioni, con effetto pari a zero sui conti correnti poiché i versamenti 2014 sono commisurati alle ritenute effettuate l’anno precedente con l’aliquota vecchia del 20%.
Affrancamento sì o no? Tempo fino al 30 settembre
Tra le opzioni in mano agli investitori per calmierare l’effetto del balzello fiscale c’è quella offerta dall’affrancamento, una particolare procedura che viene introdotta in occasione di un cambiamento di regime fiscale al fine di evitare che l’introduzione di regimi meno favorevoli penalizzi eccessivamente il contribuente nella transizione da una aliquota all’altra. In pratica l’affrancamento è un azzeramento fiscale che nel caso del rialzo dell’aliquota sui capital gain permette di pagare il 20% sui guadagni maturati fino al 30 giugno e il 26% solo sui guadagni maturati a partire dal 1° luglio. L’affrancamento si applica ad azioni, certificate e obbligazioni societarie. Per i titoli di Stato italiani e esteri il problema non si pone poiché le cedole e le plusvalenze continueranno ad essere tassate al 12,5%, mentre per i fondi comuni e gli ETF in automatico si pagherà il 26% solo sui profitti maturati dal 1 luglio. Per effettuare l’affrancamento c’è tempo fino al 30 settembre.
“La gestione del cambiamento di aliquota – commenta Olivia Zonca, responsabile dell’area fiscalità finanziaria di BNP Paribas Securities Services – è questione estremamente complessa. Oltre ad adeguare le procedure, occorre informare la clientela circa la possibilità di “affrancare” i capital gain maturati sugli strumenti finanziari detenuti su un certo conto titoli alla data del 30 giugno. In questo caso il contribuente può scegliere di assicurarsi la tassazione al 20% pagando, senza vendere i titoli, un’imposta sostitutiva sulla plusvalenza “latente” ai valori di borsa del 30 giugno, con l’effetto che solo i proventi realizzati dopo tale data saranno tassati al 26%”.
“Le variabili da considerare sono tante – spiega la Zonca – Si tenga ad esempio conto della presenza di eventuali minusvalenze non ancora utilizzate sul proprio dossier titoli, che possono quindi essere “spese” per ridurre il valore della plusvalenza latente da tassare al 20%, eventualmente richiedendo questa informazione alla propria banca. Il cliente deve però anche considerare che per essere effettiva, la procedura di affrancamento prevede la messa a disposizione dell’intermediario della provvista per versare le imposte sulle plusvalenze latenti”.