A spasso per Wall Street – 5^puntata

Friday movie review – A chi piace l’odore dell’etanolo di mattina?
Cavalcata delle valchirie, nuvole di fuoco che si alzano tra gli alberi, marines che fanno surf e quella frase: “Adoro l’odore del napalm di mattina. Ha il profumo della vittoria”. Il colonnello Bill Kilgore (Robert Duvall) in Apocalypse Now (Usa – 1979) ha un che in comune con tutti gli investitori che non più di un anno fa scalpitavano per comprare azioni dell’ultima Ipo al profumo di etanolo.
Quando vidi per la prima volta la pellicola di Francis Ford Coppola la guerra in Vietnam era finita da 4 anni e solo allora si iniziava a cogliere negli Stati Uniti tutta la tragedia di quel conflitto. Com’è noto mettere a fuoco tanta parte della foresta vietnamita non servì agli scopi bellici americani. Oggi quello stesso strazio tocca alle foreste della Malaysia, distrutte per la produzione di olio di palma per alimentare la fame di biocarburanti mondiale (nello stesso napalm una delle componenti maggiori è l’acido palmitico ricavabile anche dalle noci di cocco).
E allo stesso modo non è servito finora agli investitori scommettere sull’utilizzo delle distese di mais del Midwest americano usate come materia prima per la produzione di etanolo. O almeno non è servito a chi ha scommesso sui titoli delle maggiori aziende impegnate nel settore. Solo un anno fa non si poteva non investire nelle società del comparto. Era una vera mania collettiva. Guardiamo i casi di Pacific Ethanol e Verasun Energy, due dei maggiori operatori del settore. Nel primo caso le quotazioni in un anno si sono praticamente dimezzate, mentre Verasun ha ceduto circa il 40% dal suo debutto in borsa lo scorso giugno, periodo che coincise con il picco dell’attrattività del settore.
Dato per assunto che una reale convenienza alla produzione e al consumo di etanolo dipende dai prezzi del petrolio, pensare a un investimento di questo tipo varia dunque dalle previsioni che ognuno ritiene più affidabili sul greggio (peraltro riviste mensilmente dalle case d’affari e in taluni casi con una sospetta propensione a seguire con ritardo l’evoluzione del prezzo sui mercati). D’altra parte se si considera che raffinare un gallone di etanolo ha un costo di 1,8 dollari e raffinare benzina di 1,6 dollari, ben si capisce perchè con il greggio nel range 55-65 dollari e senza gli ipotizzati picchi i titoli nell’ultimo anno si siano mossi solo verso il basso.
Quale potrà essere il catalizzatore in grado di ridare vita al comparto? L’approssimarsi delle elezioni negli Usa. Si può scommettere che un ulteriore rilancio sui biocarburanti farà parte del programma di tutti i candidati, repubblicani e democratici. Barack (Obama), Hillary (Clinton) e Rudy (Giuliani) vorranno attirare le simpatie degli americani che hanno visto crescere la loro spesa per il pieno, così come gli elettori stufi della dipendenza energetica dal Medioriente e di tutte le tensioni collegate.