Sell-off petrolio e impatti su future decisioni Bce, addio reflazione?

Il meeting Opec del 25 maggio si avvicina e le pressioni al ribasso sui prezzi del petrolio si confermano alte con Brent e Wti che faticano a risollevarsi dai minimi a oltre 5 mesi toccati nelle scorse sedute. A nulla sono valse le aperture di Arabia Saudita e Russia a una estensione dei tagli alla produzione anche oltre il 2017. “La retorica bellicosa dell’OPEC non ha offerto un significativo supporto al petrolio. Come già accennato i giorni scorsi, sospetto che se la musica non cambia su Cina e commodities, gli investitori finiranno per mettere maggiormente in discussione lo scenario di reflazione globale”, Giuseppe Sersale, Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr.
Tale cambiamento di scenario, se si confermerà nei prossimi mesi, potrebbe influire non poco sulle prossime decisioni delle banche centrali, Bce in primis. Infatti, il ritracciamento duraturo del petrolio andrebbe a smorzare le pressioni inflattive andando così ad assopire le attese di reflazione a livello globale.
La Bce potrebbe quindi essere indotta a riconsiderare o rallentare l’iter di uscita dagli stimoli straordinari di politica monetaria. Tale dinamica dei prezzi del petrolio “potrà influenzare l’andamento del tasso d’inflazione, con un potenziale impatto sulle future decisioni da parte di Bce in merito al processo di normalizzazione della politica monetaria”, rimarca Equita nel suo Weekly Report.
Prezzi petrolio tornati ai livelli pre-tagli Opec
Il Brent è tornato nelle scorse sedute sotto la soglia dei 50 dollari al barile per la prima volta dallo scorso novembre, ossia da prima che l’Opec ha deciso il taglio della produzione. Il Wti è invece sceso in area 45 dollari, sempre sui minimi a oltre 5 mesi. Goldman Sachs ha rimarcato che le sue previsioni per un valore di 50 dollari al barile per il Brent presentano evidenti rischi al ribasso.
In vista del meeting Opec del prossimo 25 maggio, Arabia Saudita e Russia hanno alimentato le attese di un’estensione dei tagli per altri nove mesi o oltre; il costante aumento della produzione di Shale Oil negli Stati Uniti rimane però la principale fonte di preoccupazione per il mercato che teme un incremento dell’eccesso di offerta. Ieri l’EIA ha rivisto al rialzo le stime sulla produzione USA che dovrebbe sfiorare i 10Mln b/g il prossimo anno.
Nel novembre dello scorso anno, l’OPEC e altri produttori, tra cui la Russia, hanno deciso di tagliare la produzione di circa 1,8 milioni di barili al giorno tra gennaio e giugno, mossa che al momento non ha avuto un impatto sui livelli delle scorte. Sul fronte dell’offerta continua la ripresa della produzione Shale Oil, con le trivellatori statunitensi in aumento da 16 settimane consecutive.