Se la Germania ritarderà applicazione della Tobin Tax, a rischio i bancari italiani
Tobin Tax, una tassa invocata da più parti ma che nella realtà mette timore a molti Governi, preoccupati degli effetti negativi per il proprio sistema finanziario derivanti da un drastico calo dei volumi scambiati e dal presumibile e contestuale rialzo del costo di finanziamento per le singole imprese.
Questo appare l’attuale scenario di fondo all’interno dell’Eurozona, con i crescenti dissidi che di fatto sono stati certificati dall’intervista rilasciata al settimanale Wirtschaftswoche da Michael Sell. Il direttore generale del Fisco tedesco ha ventilato la possibilità che l’applicazione della tassa possa slittare al 2016.
Il verificarsi di una simile evenienza rappresenterebbe uno sgambetto alle altre due nazioni che per prime hanno avvallato la proposta di Berlino di introdurre all’interno del loro sistema finanziario una tassa capace di calmierare la speculazione internazionale: Francia e Italia.
Parigi è stata la prima a portare a termine l’iter necessario alla sua introduzione e dallo scorso 1° agosto. Appena insediato all’Eliseo, François Hollande ha incrementato l’aliquota portandola dallo 0,1% inizialmente previsto allo 0,2%. Fino allo scorso 31 ottobre l’investitore poteva la posizione con il fisco in un’unica soluzione, cumulando tutte le operazioni intraprese nel periodo. Dall’1 novembre invece l’investitore ha l’obbligo di regolarizzare la sua posizione con il fisco con cadenza mensile. Le transazioni colpite dalla nuova tassa sono quelle che hanno per oggetto l’acquisto o vendita a titolo oneroso di azioni e titoli assimilati emessi da parte di società con sede legale in Francia almeno dall’1 gennaio del 2012 e con una capitalizzazione di Borsa, che verrà rilevata l’1 gennaio di ogni anno, di almeno un miliardo di euro. L’effetto immediato di questa norma è stato un calo generalizzato degli scambi presso la Borsa di Parigi del 25%.
Molto peggio potrebbe andare in Italia, con il Governo che stima un crollo nell’ordine del 30% dei volumi azionari e dell’80% per quelli dei derivati. La norma contenuta nel decreto Stabilità vivrà questa settimana un appuntamento cruciale con la sua votazione al Senato.
Determinante sarà capire la volontà dei parlamentari italiani di non affossare il sistema finanziario italiano, specie se il ventilato stop alla norma da parte dei tedeschi dovesse essere confermato. Le proiezioni degli effetti dirompenti che si potrebbero verificare sono stati portati a conoscenza del Governo da più parti, ora si tratta di studiare un percorso alternativo che, pur mantenendo la sua spinta antispeculativa, non punti il dito solo contro il sistema Italia.
La notizia di oggi circa il possibile ritardo nell’adozione della Tobin Tax da parte della Germania potrebbe inoltre avere altri effetti negativi per il Belpaese. “L’applicazione sfasata nel tempo tra i vari Paesi dell’Eurozona della tassa potrebbe avere ripercussioni importanti sulle banche dei Paesi che per primi la applicheranno, tra cui l’Italia”, incalzano con vigore gli analisi di IG, evidenziando come “molti operatori potrebbero decidere di spostare la propria operatività sui Paesi nei quali la Tobin Tax non è ancora in essere con conseguente flessione dei ricavi delle banche”. Esempi nel passato non mancano e la Svezia è solo quello più recente. ” In Italia, una simile decisione potrebbe mettere in difficoltà un sistema bancario già fortemente penalizzato dalla crisi e i cui ricavi delle ultime trimestrali sono arrivati sostanzialmente dalle trading unit”, continua nella sua analisi Vincenzo Longo, market strategist del broker inglese, domandandosi “dove trarrebbero profitti le banche italiane in un simile contesto dove prestiti e mutui sono quasi paralizzati e con l’operatività da trading ridotta ai minimi?”.
Già, perché il peggioramento dei bilanci che ne deriverebbe, “potrebbe richiedere al sistema bancario italiano di aggiustare i requisiti di capitale in linea con quanto richiesto dall’Eba“. L’incertezza che regna sui mercati e le recenti operazioni di ricapitalizzazione portate avanti dagli istituti di credito negli ultimi anni renderebbero quasi impossibile racimolare altri fondi sul mercato e lo scenario che si prospetta “è simile a quello a cui abbiamo assistito in Spagna questa estate, con l’intervento dell’Europa”.
Quando si parla di sistema bancario italiano è inevitabile parlare delle due big del comparto, Unicredit e Intesa Sanpaolo. I 9 mesi del 2012 dei due istituti sono stati particolarmente brillanti in termini numerici, tuttavia il basso livello dei tassi di interesse e la crisi economica hanno inciso significativamente sulla redditività delle banche. A trainare i conti anche sono stati proprio i benefici effetti derivanti dalla componente trading.
“Su Unicredit ci aspettiamo che le tensioni nel breve termine potrebbero condurre a un test immediato verso i minimi di inizio ottobre in area 3,21 euro, livello che se dovesse essere sfondato potrebbe alimentare cali sino ai minimi di fine agosto a 3,04 euro”, dichiara Longo, basando la sua analisi sul ritardo da parte della Germania nell’adozione della Tobin Tax e per questo arrivando a non escludere “uno scenario peggiore, con cali che potrebbero estendersi sino a 2,73 se l’applicazione dell’imposta dovesse passare solo in Italia”.
Il quadro grafico di Intesa Sanpaolo per l’analista di IG è “peggiore” e per questo l’esperto ritiene che ” il ritorno sui bottom di novembre a quota 1,18-1,17 euro potrebbe incrementare le incertezze e portare a un ritorno verso area 1,08, ultimo baluardo prima del test di 0,95 euro minimi di inizio agosto”.
E allargando la visione all’intero sistema finanziario italiano? Quali potrebbero essere gli effetti di questa notizia? “Se effettivamente la Germania ritarderà l’applicazione della Tobin Tax, la nostra view rimarrebbe short sull’Italia anche vista la forte componente del settore bancario nel paniere“.