Schermaglie francesi su FonSai. Groupama all’attacco, ma gli analisti ci credono poco
Il vento della primavera francese torna ad accarezzare Firenze. Dopo Bulgari, Parmalat, Edison si riapre il fronte transalpino su Fondiaria Sai. I francesi di Groupama, malgrado lo stop della Consob che aveva imposto l’opa sul patto stabilito con i Ligresti legato ad un aumento di capitale della compagnia, causandone poi la rottura, sarebbero decisi a rientrare nella partita e sarebbero già tornati alla carica. Secondo quanto ricostruito da Il Sole 24 Ore il gruppo guidato da Jean Azema starebbe valutando di realizzare un investimento diretto in FonSai. Riflessioni che avrebbero portato Groupama a presentare una lettera all’Isvap, l’Istituto di sorveglianza sulle assicurazioni, in cui si presenta un progetto il progetto di investimento nella compagnia assicurativa. Ancora non è chiaro l’entità della partecipazione che i futuri soci d’Oltralpe hanno intenzione di acquistare nel capitale di Fondiaria Sai. Si parla di una quota che potrebbe spaziare tra il 10 e il 18 per cento.
Secondo la Consob, l’ingresso di Groupama di concerto con i Ligresti avrebbe obbligato al lancio di un’opa, non obbligatoria invece in caso di ingresso diretto, slegato dall’aumento di capitale inizialmente previsto ed ora indipendente dal piano di riassetto concordato con Unicredit. E il titolo FonSai va in orbita in Borsa balzando di oltre cinque punti percentuali a quota 6,33 euro. Ancora meglio Premafin (+11,95% a 0,59 euro), più cauta Milano Assicurazioni (+4,29% a 0,98 euro). Eppure gli analisti sono perplessi di fronte alla nuova avanzata francese. Se l’investimento di Groupama fosse nell’ordine del 18% sarebbe un dejavù in quanto si tratterebbe della stessa partecipazione emerso nello schema di alleanza studiato qualche mese fa con i Ligresti e poi bloccato da Consob.
Parole che fanno venire alla mente la partita che si sta disputando a Parma. Le barriere anti-scalate che l’Italia sta preparando, in difesa delle imprese strategiche, in primis Parmalat, “sono contro le regole dell’Unione europea” perché “al suo interno non si possono creare ostacoli agli investimenti”, ha segnalato in una intervista a Repubblica il direttore del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, sottolineando peraltro che “in questa crisi il protezionismo è ormai un mito tramontato” e anche i Paesi dell’Europa meridionale devono “adottare ricette globali per la propria competitività”. In barba alle critiche l’Italia porta avanti la sua battaglia per difendere il gruppo di Collecchio dalle mire d’Oltralpe. Secondo Il Messaggero Granarolo avrebbe fatto il suo ingresso nella partita Parmalat.
All’incontro tenutosi ieri mattina presso la sede di Imi, fra le tre banche l’investment bank di Intesa, UniCredit e Mediobanca incaricate di costruire la cordata italiana di cui la Cdp sarà il perno, avrebbe partecipato Rothschild, l’advisor del gruppo lattiero-caseario bolognese, di proprietà di Gran Latte con l’80,2% e Intesa SanPaolo (19,8%). Granarolo, secondo quanto riporta il giornale, avrebbe avere un ruolo cruciale nell’operazione perchè sarebbe prevista la cessione del gruppo bolognese a Parmalat – forte di unna cassa di 1,4 miliardi – per circa 500 milioni: le cooperative radunate in Gran Latte e Intesa reinvestirebbero la somma nel capitale di Latco, il nome in codice – mutuato da Telco – attribuito alla newco che dovrà poi lanciare l’offerta su Collecchio. L’Opa potrebbe essere sul 60-70% o sul 100%: le prime due ipotesi, sottolinea il quotidiano, tagliano fuori i francesi. Dall’ammontare dell’offerta dipende la struttura dell’operazione. Le banche – scrive il quotidiano – lavorano per dotare Lacto di un mix di equity e debito del 50% o del 45% e 55%: servono, a seconda dei casi, da 3 a 5 miliardi.