Rischio Italia tra politica e conti pubblici: Istat alza stime deficit e debito, incide salvataggio Mps e banche venete
Gli ultimi dati snocciolati dall’Istat innervosiscono ancora di più gli operatori di mercato che guardano all’Italia. Una revisione al rialzo delle stime sul deficit e debito, sicuramente non ci voleva, se si considera la delicata -e intricata – situazione politica post elezioni che il paese vive.
Tra l’altro, nel giorno del via alle consultazioni al Quirinale per la formazione di un nuovo governo, le tensioni politiche si accentuano.
Luigi Di Maio invita al dialogo, considerando “primo interlocutore” il Pd senza Matteo Renzi o, in alternativa, la Lega di Matteo Salvini. Esclusa Forza Italia di Silvio Berlusconi, e ribadita la condizione che Di Maio sia premier.
Anche Salvini pone le sue condizioni: “Si parte dal centrodestra, dialogando anche con M5s ma senza veti”.
Intanto dopo l’Eurostat, anche l’Istat presenta il conto del salvataggio delle banche venete e di Mps e il suo impatto sui conti pubblici: la cifra è di 6,3 miliardi circa.
In particolare, il salvataggio delle banche venete Popolare di Vicenza e Veneto Banca – i cui asset performanti sono stati rilevati da Intesa SanPaolo – ha implicato un trasferimento in conto capitale di 4.756 milioni, mentre l’impatto delle operazioni relative a Monte dei Paschi di Siena (ricapitalizzazione e ristoro dei “junior bondholders”, rispettivamente nel luglio e nel novembre del 2017) è stato rivisto al rialzo da circa 1,1 a circa 1,6 miliardi.
“Complessivamente, le operazioni riguardanti le banche in difficoltà impattano, quindi, per circa 6,3 miliardi sull’indebitamento del 2017“, scrive l’istituto nazionale di Statistica.
Il risultato è che il debito italiano si attesta nel 2017 a 2.263 miliardi, pari al 131,8% del Pil, più del 131,5% dell’outlook precedente; il deficit avanza al 2,3% del Pil rispetto all’1,9% delle precedenti stime. In entrambe le situazioni, l’Istat precisa che sono incluse le conseguenze del salvataggio delle banche venete.
Ieri è arrivata la nota dell’Eurostat, da cui che è emerso che l’impatto sul deficit delle operazioni delle banche venete è stato di 4,7 miliardi sul deficit (pari all’intervento di cassa a favore di Intesa Sanpaolo) e di 11,2 miliardi sul debito (includendo le garanzie).
La revisione al rialzo delle stime sul deficit e sul debito rappresenta a questo punto una sfida per chi andrà al governo in Italia e sarà costretto, volente o nolente, a trattare con Bruxelles.
Già l’FT oggi ha scritto un articolo dedicato al destino della Legge Fornero, che sia il M5S che la Lega vogliono cancellare.
Il quotidiano britannico ha avvertito che lo smantellamento della riforma potrebbe “allarmare sia i funzionari Ue che gli investitori che puntano sul debito italiano”. Vengono riportate le dichiarazioni di Tito Boeri, numero uno dell’Inps.
Se un tale scenario si concretizzasse, dice Boeri riferendosi al possibile azzeramento della riforma Fornero, “i costi diretti sul budget italiano sarebbero alti”. Ma, avverte ancora Boeri, “sarebbero ancora più alti i costi in termini di credibilità internazionale del paese. Quello è stato il nostro biglietto per evitare il collasso dei mercati e l’esplosione dello spread“.
E la stessa Elsa Fornero ricorda all’FT:
“Quella riforma non è avvenuta in condizioni normali. Volevamo impedire che nel corso dell’asta di titoli di debito non si presentasse nessuno – precisa – Ma lo scopo non è stato solo quello di risparmiare soldi e tagliare la spesa. Il punto era fare in modo che i cittadini comprendessero che le loro pensioni dipendono dai contributi che pagano e non dalla generosità dei politici”.