I rischi del rally di liquidità
L’altra faccia della medaglia, quella legata ai rischi, è stata assai meno indagata. Lo hanno fatto in una nota gli analisti della svizzera Lemanik arrivando a risultati che imporrebbero un atteggiamento improntato alla cautela.
Si parte da un’analisi intermarket delle particolarità messe in evidenza dai mercati negli ultimi mesi: innanzitutto – spiegano gli analisti – sono saliti sia i mercati azionari sia quelli obbligazionari, che sono classicamente caratterizzati da correlazione inversa; in secondo luogo si sono indeboliti sia il dollaro che gran parte delle materie prime (esclusi i metalli), anch’esse classicamente legate da correlazione inversa. “Questa combinazione di eventi è coerente con quanto pensiamo: si tratta di un liquidity driven rally”, si legge nel documento. Con rischi considerevoli per chi è già investito “perché – avvertono gli analisti – la liquidità può spingere le valutazioni a valori eccessivi e poi ritirarsi rapidamente, causando correzioni ampie e rapide”.
Numerose le prove portate a sostegno della tesi: se non si trattasse di un rally della liquidità le azioni salirebbero per prezzare una ripresa economica, che alimentando il rischio di inflazione sarebbe negativa per le obbligazioni governative lunghe (che invece sono salite), così come lo sarebbe l’indebolimento del dollaro a seguito delle ingenti necessità di finanziamento determinate dalle azioni di stimolo all’economia. Le materie prime invece dovrebbero salire, sia per l’attuale indebolimento del dollaro sia per la ripresa economica prezzata dalla salita delle azioni.
Marco Barlassina