Notizie Valute e materie prime Il renminbi nel mirino degli analisti

Il renminbi nel mirino degli analisti

6 Maggio 2016 11:38

 
La scorsa settimana Bank of Japan ha dato una scossa al mercato, non solo ampliando il programma di acquisti meno del previsto, ma soprattutto ritardando le proprie previsioni per il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione del 2%. Lo yen ha reagito portando il rapporto con il dollaro su un nuovo minimo dell’ultimo anno e mezzo. Venerdì scorso, poi, l’euro ha chiuso contro il dollaro sui suoi massimi di fine settimana da gennaio 2015, sull’idea che la BCE si trovi nella stessa situazione della BoJ, rifugiandosi su massicci acquisti di titoli e tassi negativi, senza ottenere alcun indebolimento della moneta che protegga da rischi deflazionari. Quanto alla la Fed ha mantenuto la linea da colomba di marzo annunciando di preferire il rischio di un’economia americana eccessivamente stimolata, piuttosto che correre il rischio di destabilizzare l’economia mondiale con la minaccia di ulteriori rialzi dei tassi e di un conseguente rafforzamento del dollaro Usa.
 
Renminbi sofferente
In questa situazione gran parte del rischio di destabilizzazione è concentrato sulla Cina, dove la minaccia di violente svalutazioni valutarie nei confronti del dollaro hanno mandato in tilt i mercati per ben due volte nel corso degli ultimi nove mesi. “La debolezza dell’economia statunitense del primo trimestre è stata la sua fortuna – dice John J. Hardy, Head of Forex Strategy di Saxo Bank –  Proprio contro il debole biglietto verde, il renminbi si è relativamente rinforzato, sebbene quest’anno rimanga decisamente più debole rispetto alle altre valute, specialmente in Asia”. Il ringgit malese, per esempio, è salito di quasi il 10% contro il renminbi, circa la stessa forza vista nello yen giapponese: “Le colombe americane sembrano aver portato grande sollievo a quasi tutte le valute dei mercati emergenti, a esclusione proprio del renminbi“, aggiunge Hardy.
 
Debito cinese
Sul fronte politico, tuttavia, piuttosto che sfruttare il più ampio respiro per apportare qualche aggiustamento strutturale al fine di correggere lo spaventoso accumulo di debito, la Cina continua a puntare sui suoi vecchi metodi per stimolare la crescita del Pil: ovvero nuove e massicce iniezioni di credito nell’economia. Le stime dell’australiana Macquarie Bank parlano del 350% del Pil, a cui corrisponde un’accelerazione del rapporto debito/PIL senza precedenti: +100% dal 2008, proveniente per la maggior parte da imprese statali. “Si tratta di circa 35 mila miliardi di dollari Usa. Con un’ipotesi standard che nel ciclo del credito il 10% diventi non performante, la Cina si troverebbe ad avere 3,5 miliardi di dollari di sofferenze tra le proprie riserve valutare“, spiega Hardy. Che conclude: “Le imponenti iniezioni di liquidità nel sistema mettono quindi sempre più sotto pressione il renminbi, che merita tutta la nostra attenzione per i prossimi mesi, grazie alla combinazione degli effetti provenienti dall’atteggiamento da colomba del FOMC e dal tema dell’inutilità degli strumenti di politica monetaria di BCE e BoJ“.