Referendum costituzionale, tre possibili scenari se domenica dovesse vincere il NO (analisti)
Mancano oramai poche ore all’ appuntamento con il referendum costituzionale italiano. Domenica 4 dicembre si apriranno le urne di uno degli appuntamenti elettorali più attesi, e in gran parte temuti soprattutto da parte degli operatori internazionali operanti sui mercati finanziari che prevedono forti ripercussioni nel caso di affermazione del fronte del NO.
Tra i molti report che si stanno rincorrendo in queste ore su questo argomento riportiamo qui di seguito l’interessante commento di Philippe Waechter, Chief Economist Di Natixis Asset Management, che delinea tre possibili scenari per il futuro politico italiano.
L’eventuale affermazione del NO, infatti, potrebbe provocare le dimissioni del Primo Ministro Renzi e del Governo attualmente in carica innescando di conseguenza una crisi politica il cui esito al momento è difficilmente prevedibile.
Questa ipotesi, per nulla remota, a detta dell’esperto è tenuta in considerazione dai mercati finanziari come dimostrato, sottolinea Waechter, dall’andamento dei tassi d’interesse a 10 anni sulle obbligazioni italiane, da tempo in forte tensione, e con lo spread con la Spagna che ha toccato anche i 50 basis points. “Ciò evidenzia il premio al rischio che gli investitori associano all’esito del referendum. Tuttavia, si può vedere come questo premio sia troppo alto nel caso in cui non ci sarà la crisi, ma anche troppo basso nel caso vi sia una crisi sistemica” sottolinea l’esperto.
L’affermazione del NO potrebbe costringere il Presidente della Repubblica Mattarella a nominare un nuovo Primo Ministro per formare il Governo.
“A questo punto sono tre gli scenari possibili:
1) Il primo è che Matteo Renzi diventi di nuovo Primo Ministro a capo di una coalizione differente. In questo caso ci sarebbe una crisi simile a quelle già viste tante volte in Italia, con effetti limitati.
2) Il secondo è quello di un governo tecnico. Considerato ciò che è accaduto con il Governo tecnico guidato da Mario Monti, che non ha saputo trovare soluzioni adeguate alle fragilità italiane ed è diventato l’uomo chiave della recessione italiana, l’ipotesi di un Governo tecnico non sembra una buona soluzione.
3) Il terzo è che Matteo Renzi non riesca a formare un nuovo Governo. Questa è la situazione più rischiosa, soprattutto in un momento in cui le banche stanno cercando di raccogliere capitali sul mercato per recuperare margini di manovra. La crisi politica allora sarà persistente e in grado creare distorsioni. La difficoltà delle banche italiane a ricapitalizzarsi potrebbe accelerare il processo di consolidamento del sistema bancario italiano. I partiti estremisti avrebbero più forza e mettere in forte discussione il posizionamento dell’Italia nell’area euro. Ci sarebbero quindi tutti gli ingredienti di una crisi sistemica: la debole crescita dell’economia italiana, lo squilibrio della situazione finanziaria e la posizione negativa sul Target 2 possono alimentare le fuoriuscite di capitali. Se l’idea di far uscire l’Italia dall’area euro dovesse accentuarsi, la situazione diventerebbe complicata e potrebbe sfociare in una crisi sistemica, minacciando l’equilibrio istituzionale in seno all’area euro.
In ogni caso, la BCE dovrà impegnarsi fortemente per stabilizzare i mercati. La ricetta che aveva funzionato nel 2012 per mettere fine alla crisi dei debiti sovrani non sarà più sufficiente e occorrerà un impegno ancora più forte nel caso di rischio sistemico.
Gli occhi ora sono tutti puntati sul risultato del Referendum e allo scarto tra il SI e il NO, ma anche al tasso di partecipazione che rivelerà la pressione esercitata dagli italiani sul loro Governo e lo loro aspettative come cittadini della penisola” conclude l’analista.