Redditometro: i consigli dell’esperto per evitare guai col fisco
Con l’ufficializzazione in Gazzetta Ufficiale, lo scorso 4 gennaio, del decreto ministeriale del 24 dicembre 2012, è stato attivato nella legge italiana il “redditometro”, ovvero quello strumento di valutazione sintetica che l’agenzia delle entrate ha a propria disposizione per valutare le spese di ogni singolo italiano rapportate alle sue fonti di reddito.
Abbiamo espresso qui i nostri dubbi in proposito. E per risolverli almeno in parte abbiamo chiesto al Dott. Eugenio Magno, consulente fiscale di FIMAA Milano di offrirci qualche lume.
Dott. Magno, come è possibile, ai fini del redditometro, giustificare le donazioni ricevute dai parenti?
Una donazione importante di denaro può essere sempre registrata con un atto notarile. E’ evidente però che nel caso di un regalo da parte di parenti, che è esentasse e che quindi non si è obbligati a dichiarare, non si voglia sostenere il costo di un rogito notarile per tenere traccia del movimento di denaro. Il consiglio che posso dare è che per le donazioni dsi utilizzi un metodo di pagamento tracciabile: un assegno, o meglio ancora un bonifico, che dà la possibilità di specificare la causale della donazione. Così sarà sempre possibile rispondere con tranquillità ad eventuali controlli. Il rischio in questo caso, semmai, è che l’accertamento fiscale ricada non su chi riceve la donazione, ma sul parente che la eroga…
Ci spiega la questione del fitto figurativo? Quando viene conteggiato nel redditometro?
Il fitto figurativo viene conteggiato tra le spese del contribuente solo nel caso in cui questi abiti a titolo gratuito in una casa di proprietà di parenti o affini e non paghi di fatto l’affitto che, se la casa non fosse sua, dovrebbe pagare. La giustificazione del fitto figurativo tra le spese del redditometro sta nel fatto che si tratta di una situazione senza scambio di denaro, ma c’è un beneficio sotto forma di uso gratuito che è meglio registrare. E’ poi importante capire come è costruito questo uso gratuito: il parente che cede la casa può infatti lasciare in capo a chi ci abita le spese per il suo mantenimento, spese che poi vanno detratte dall’entità del fitto figurativo (come accade per le eventuali rate del mutuo ndR.). Se la casa invece è di proprietà di chi vi abita, non si calcola alcun fitto figurativo, ma tra le spese del redditometro rientrano comunque le spese e le imposte che gravitano intorno all’immobile (mutui, spese di gestione ecc ecc).
Quando possiamo considerarci al sicuro dall’occhio del fisco?
Il problema del redditometro non è la sua severità, né la sua difficoltà di calcolo. Si tenga conto che se lo scostamento tra spese effettuate e reddito percepito resta entro il 20% non ci sono problemi. La classica coppia con due figli, con flussi di reddito costanti nel tempo e 700 euro mensili di spese correnti in contanti non dovrebbe avere problemi.
Il problema si pone quando il prelievo mensile in contanti diventa, improvvisamente, di 2000 euro. Allora potrebbe scattare il controllo, e il dramma è che questo prelievo potrebbe essere legato a cause che non hanno a che vedere con l’evasione fiscale, come spese sanitarie, scolastiche per i figli, o anche a spese correnti che non hanno nulla di nocivo, come il barbiere. Il paniere di spese soggette a controllo, purtroppo, è molto ampio.
E questo è umanamente accettabile?
Purtroppo lo Stato ha dovuto fare di tutta l’erba un fascio per colpa di una minoranza disonesta di cittadini. I “pesci piccoli” non si meritano tanta attenzione da parte del fisco, ma sono proprio loro quelli che garantiscono la certezza del gettito fiscale.
D’altro canto non stupisce che nel nostro Paese ci sia voglia di evasione: una persona che abbia un reddito medio alto, diciamo 50/60 mila euro l’anno, si ritrova con un “socio occulto”, lo Stato, che si prende oltre il 40% dei suoi guadagni. Oltre tutto il cittadino non ha la percezione di ricevere in cambio un servizio che valga quel 40%, e quindi a quel punto scatta l’evasione. E la conseguenza da parte dello Stato è la repressione, che sfocia in misure come il redditometro.
Come sono determinate le categorie che il fisco vuole accertare?
L’agenzia delle entrate ha apposite tabelle su cui basarsi per individuare i cittadini da sottoporre a controllo. Il punto è che potrebbe farlo in modo più efficiente, utilizzando indicatori che senza ombra di dubbio conducono verso le fonti di reddito tra le quali è ragionevole pensare che ci sia possibilità di evasione. La stessa Imu potrebbe essere un indicatore della presenza di patrimoni ingenti che potrebbe valer la pena verificare. Inoltre sarebbe più efficiente identificare le persone che percepiscono redditi non tassati alla fonte (ovvero i liberi professionisti).
Bisognerebbe poi tenere conto dell’enorme quantità di dati su acquisti di case, di auto e simili che si trovano presso le anagrafi tributarie, dati che sono facilmente consultabili anche via internet. Scene come quelle della guardia di Finanza a Cortina non dovrebbero nemmeno essere necessarie, con la tecnologia che abbiamo.
Come ci si difende dal redditometro?
Dal redditometro non ci si difende. I cittadini sanno da sempre di vivere in un certo regime fiscale, e quindi almeno una volta nella vita devono aspettarsi di essere sottoposti a controllo. Nessun sentimento di rivalsa, dunque, deve coglierci se il fisco ci convoca per chiederci chiarimenti, e poi ci trova puliti. Nella peggiore delle ipotesi avremo perso qualche giornata di lavoro. Spesso poi un confronto con l’agenzia delle entrate potrebbe essere anche un modo per scoprire errori di compilazione nella dichiarazione dei redditi, il che alla fine torna utile.
L’unico consiglio che si può dare è che, coscienti che esiste questa eventualità, ci si arrivi preparati. Per spese importanti ed eventuali prestiti il consiglio è di fare un atto di debito con causale, in modo da lasciare traccia. Non c’è bisogno di pagare un notaio: basta scrivere l’atto su un foglio, poi apporre un francobollo e farselo timbrare all’ufficio postale più vicino. Il timbro della posta farà fede della data dell’atto, e nessun agente del fisco potrà dubitare che quel documento sia stato preparato in fretta e furia il giorno prima di presentarsi al controllo.
Per le spese correnti, è impossibile – e non è nemmeno richiesto – conservare ogni singolo scontrino. Meglio quindi limitare l’uso del contante e affidarsi al denaro elettronico, che lascia sempre traccia. L’atteggiamento di trasparenza premia sempre: lasciare più tracce possibili dei nostri movimenti di denaro può risparmiare in seguito molte noie. A patto, ovviamente, di essere un contribuente onesto.