Prevale prudenza sui mkt: per strategist piano salva Dublino quasi obbligato, adesso i dettagli
La giornata continua all’insegna della cautela sulle Borse europee. I mercati continentali si muovono quasi tutti in territorio positivo, ma senza grande slancio dopo che l’Irlanda ha raggiunto un accordo con Unione europea e Fondo Monetario Internazionale su un pacchetto di aiuti. In questo momento Parigi segna un +0,46%, Francoforte avanza dello 0,57%, Londra dello 0,29%. Segno meno invece per Madrid (-0,40%) e Milano (-0,23%).
Il vertice dei ministri finanziarie ed economici della zona Europa, riunito ieri in una sessione straordinaria e poi allargata ai ministri economici di tutta la Ue, è riuscito nel “miracolo”. Dublino ha deciso di chiedere aiuto. L’Unione europea e il Fmi staccheranno un assegno tra gli 80 e i 100 miliardi di euro nell’ambito di un piano triennale che ha l’obiettivo di rimettere in sesto l’ex Tigre celtica. Ma sui mercati si continua a navigare a vista in attesa dei dettagli. Secondo gli analisti di Goldman Sachs il governo irlandese avrebbe bisogno di 65 miliardi di euto per risanare le finanze pubbliche nei prossimi 3 anni, mentre per il sistema bancario ne occorrerebbero altri 30 miliardi.
Anche gli strategist apprezzano i passi avanti nei negoziati, ma senza toni entusiasti. “Tutto sommato non sono emerse grandissime novità. Si sapeva prima del fine settimana che sarebbe stato varato un piano di questo importo. Nelle nostre aspettative due terzi del piano ossia 60 miliardi dovrebbero essere destinati allo Stato, quindi ai conti pubblici, mentre il restante al sistema bancario”. E’ questo il commento di Marco Valli, capo economista per l’Italia di Unicredit.
“Il piano e il suo ammontare erano nelle attese anche alla luce delle dichiarazioni dei rappresentati di Unione europea, Bce e Fmi. Tutti i Paesi dell’area euro ci hanno portato a credere in questo epilogo: l’Irlanda è quasi stata costretta a chiedere aiuti. Con alcune novità: il piano non supporterà solo il consolidamento dei conti pubblici, ma sosterrà anche il sistema bancario”, segnala Carmela Pace di Mps Finance. “Sull’importo non si sa molto: il governo irlandese presto dovrà approvare il budget. La votazione era attesa il 7 dicembre, ma forse sarà già in settimana in concomitanza con le elezioni suppletive: sarà un test importante per vedere il consenso del governo”.
Secondo Valli il piano di aiuti dell’Ue-Fmi dovrebbe permettere all’Irlanda di rimanere fuori dal mercato per circa tre anni. Dublino, a differenza di quanto accade ad Atene lo scorso maggio, non ha appuntamenti a breve sui mercati: tra l’altro può contare su una liquidità sufficiente per stare a galla almeno fino ai prossimi otto mesi, ma non sufficiente a tamponare una situazione che ha fatto accendere la spia rossa in tutta Europa, sbandierando il rischio default.
Il problema più urgente dell’Irlanda è tutto racchiuso nel sistema bancario, che non è ancora in grado di essere autosufficienti nonostante una ricapitalizzazione costata allo Stato più di 50 miliardi di euro, la cui conseguenza è un deficit-monstre schizzato al 32%. “I 20 miliardi di euro che verranno destinati al sistema bancario sono la grande differenza rispetto a quanto fatto con la Grecia. La crisi delle banche irlandese è la verità priorità dell’emergenza Dublino”, osserva Valli. A suo avviso in questo momento passa pertanto in secondo piano la querelle sulla tassa del 12,5% sulle imprese.
“Riteniamo che non sia il centro del problema: entrerà in fase di negoziazione solo in un secondo momento. In questo momento è da evitare ulteriore pressing sull’Irlanda. Il Paese dovrà attuare nuove misure di austerity, che andranno a gravare sulla crescita economica, ma in questo momento non ci sono alternative”. Eppure si infittiscono sempre di più le voci che il secondo round del negoziato tra Unione europea-Fondo monetario internazionale e Irlanda possa incentrarsi sulla richiesta di alcuni paesi UE di alzare il tax rate del 12,5%, anche se il governo locale è totalmente contrario.
E’ storia che Microsoft, Oracle, Ibm, Intel, Google abbiano scelto le piogge irlandesi per gestire le operazioni nell’Ue. Ma adesso che l’Irlanda vive un momento difficile, in Europa si sono levate critiche verso l’imposta sulle imprese: alcuni Paesi l’hanno bollata come una misura di concorrenza sleale. I numeri parlano da soli: in Francia la stessa aliquota è al 34%, in Spagna e in Germania al 30%, solo in Bulgaria e a Cipro è al 10%. Lo scoglio della tassazione sulle imprese, molto vantaggiosa nell’Isola del Trifoglio, e che la Ue preme per inasprire è un tema difficile da superare. Finora il no di Dublino è stato secco, anche perché la corporate tax viene vista come il motore che ha generato negli anni passati il miracolo economico dell’isola. Ma alcuni analisti hanno iniziato a valutare l’ipotesi.
Il governo di Dublino secondo alcuni esperti di mercati non può però permettersi il lusso di temporeggiare troppo, soprattutto di dettare le regole del gioco. In un report recente Nick Matthews di Rbs ha calcolato che tra il 24 settembre e il 29 ottobre il finanziamento delle banche irlandesi al bancomat della Bce è schizzato da 119 miliardi a 130. E alla fine di ottobre, quasi il 25% dei fondi prestati dall’Eurotower alle istituzioni europee era assorbito da Dublino. “E’ la fonte di investimenti del Paese: rivederla avrebbe un impatto della crescita. Non sono note le condizioni a cui dovrà sottostare l’Irlanda per aver accesso al prestito, ma è meglio non alimentare la speculazione”, conclude la Pace di Mps Finance.