Il Portogallo vende cara la pelle. Ancora no agli aiuti Ue-Fmi. Ma i tassi sui bond volano
Sotto il cielo d’Europa oggi c’è solo Lisbona. Si sono impennati ancora i tassi d’interesse pagati dai titoli di Stato portoghesi, con il due anni che ha superato il 7% per la prima volta dalla nascita dell’euro nel 1999. Il rendimento pagato dai titoli decennali è in rialzo di 14 punti base al 7,80%, con un premio di rendimento sul bund tedesco di 451 punti base, a un soffio dal livello record (459) dello scorso novembre. Il piccolo paese lusitano dalla notte scorsa – da quando si è dimesso il premier socialista Josè Socrates, sconfitto in parlamento sull’ultimo piano di austerità – è finito sotto i proiettori dei signori della politica europea e dei mercati e questa mattina si è svegliato ancora in un mare di incertezze, promesso dagli analisti alle forche caudine del salvataggio Ue-Fmi. E in un clima di duro scontro, quello di pre-campagna fra il governo socialista minoritario uscente e l’opposizione, che giovedì notte l’ha costretto alle dimissioni.
Il presidente portoghese Anibal Cavaco Silva ha iniziato questa mattina le consultazioni con i leader dei principali partiti nel tentativo di risolvere la crisi aperta dalle dimissioni del premier José Socrates. Secondo il tam tam di mercato arriverà presto una convocazione di elezioni anticipate per la fine di maggio o l’inizio di giugno, ipotesi caldeggiata dal leader dell’opposizione, il socialdemocratico Pedro Passos Coelho, dato per favorito in una eventuale consultazione. Più improbabile appare invece la formazione di un governo di coalizione così come il reincarico a Socrates, già leader di un esecutivo di minoranza. Con la crisi politica, che si aggiunge alla pressione di nuovo sempre più forte della speculazione – i tassi sul debito battono tutti i record – l’ipotesi di un ricorso all’aiuto esterno diventa quasi inevitabile. A confortare questa analisi, condivisa praticamente da tutti i commentatori, sono arrivati le frecciate di Fitch, che ha declassato ad A- il rating del paese – minacciando ulteriori tagli – a causa delle crisi politica e di Standard & Poor’s, che ha tagliato nella notte il rating del Portogallo di due gradini, portandolo da A- a BBB.
“Con questa crisi politica i mercati finanziari saranno pazienti con il Portogallo quanto Erode lo fù con i bambini ebrei: tassi alle stelle, rating a picco. Non arriveremo all’estate: dovremo chiedere aiuto rapidamente” e “il prossimo premier governerà con il Fmi”, avverte Jornal de Negocios. “Il Portogallo non ha bisogno di aiuto”: con queste parole il premier portoghese, Josè Socrates, ha negato oggi – al termine del vertice Ue – qualsiasi richiesta di finanziamento al Fondo salva-stati da parte di Lisbona. Entro giugno il paese deve trovare sui mercati quasi 9 miliardi per rifinanziarsi, e fra interessi da pagare e ammortizzatori ha la corda al collo, avverte Publico. La Spagna sembra aver evitato almeno per il momento l’effetto domino della crisi portoghese, con gli spread di Madrid che si riducono, e la Borsa che non sprofonda ma, secondo gli economisti, il pericolo non è definitivamente scongiurato. L’edizione elettronica di Cinco Dias sottolinea che “la Spagna si allontana dai Paesi periferici”, e cita come prova il rendimento dei bond portoghesi a 10 anni che ha superato l’8% e quello della Spagna al 5,1%, con uno spread di Madrid su Berlino che si posiziona attorno ai 190 punti base. Anche l’Ibex 35 sembra reggere, annota il quotidiano: se la settimana prima del salvataggio dell’Irlanda l’indice perse un 9,7%, negli scorsi 5 giorni è cresciuto di circa un 2%.
Anche El Pais conviene che, nonostante la Spagna possieda 6,5 miliardi di debito sovrano e 70 miliardi di debito privato portoghese, non vi è stato per ora contagio, ma cita analisti che chiedono di rimanere allerta: per Juan Ignacio Crespo, direttore di Thompson Reuters, “è vero che da settembre il debito e il rischio Paese spagnoli vanno per un sentiero diverso da quelli portoghesi, ma è altrettanto certo che i mercati sono così, a volte si comportano in maniera insensibile a possibili minacce, e altre reagiscono con ipersensibilità”. Secondo Josè Martinez di Citi il pericolo non è passato: “C’è calma tesa con poco volume di mercato e credo che bisogna avere cautela perchè i fattori di rischio sono ancora lì”. “Bisogna vedere se il tassello di domino del Portogallo è abbastanza alto per arrivare a colpire quello della Spagna”, avverte un’analista alla Borsa di Madrid, mettendo in dubbio il possibile contagio della crisi portoghese a Madrid. Nonostante la Spagna possegga circa un terzo del debito che il Portogallo ha contratto con banche estere, i mercati oggi non l’hanno colpita – regge l’Ibex 35 e il rischio paese – perchè circa il 70% dell’esposizione è considerata sicura, dicono gli analisti.
Secondo la Banca per i regolamenti internazionali (Bis) casse e banche spagnole posseggono circa il 34% del debito internazionale del Portogallo (76 miliardi di euro), una concentrazione del rischio che non ha eguali in altri paesi al centro delle speculazioni dei mercati (Grecia, Irlanda, Spagna), fatta eccezione per il 33% del debito greco in mano al settore bancario francese, riferisce El Pais. “Gli economisti ritengono che la crisi aumenti la possibilità che il Portogallo avrà bisogno dei fondi dell’Unione europea nel giro di pochi giorni”, sbandiera l’Economist. Se al consiglio europeo di questa settimana i leader del Vecchio Continente non riusciranno a potenziare il Fondo salva-Stati – scrive il settimanale – “nel caso di salvataggio del Portogallo potrebbero scoprire che hanno già usato una larga porzione del fondo. E se il salvataggio può finanziare facilmente il Portogallo, non è chiaro come potrà affrontare la Spagna, prossimo potenziale bersaglio dei mercati”. Sul mercato c’è chi osserva che l’effetto domino è però molto limitato perchè buona parte di quel debito è commerciale, mentre il debito sovrano portoghese in mano alle banche spagnole è relativamente modesto e controllabile anche in caso di donwgrade del Portogallo.
L’esposizione delle banche spagnole ai bond di Lisbona è, infatti, di circa 6 miliardi di euro, mentre quello verso le banche portoghesi si aggira sui 5 miliardi, ciò significa che la maggior parte del debito è stato concesso a privati e aziende, che presentano meno rischi di default che l’amministrazione pubblica o il settore finanziario. Ad essere più esposta agli asset del settore bancario portoghese è la Germania, ben il 39% contro il 13% della Spagna, mentre la Francia possiede il doppio del debito pubblico portoghese che Madrid, indica El Pais. Le banche italiane sono poco esposte verso il Portogallo. Il totale dei finanziamenti nel paese, secondo i dati della Bri, la Banca dei regolamenti internazionali con sede a Basilea, aggiornati a fine settembre 2010, ammonta ad appena 4,8 miliardi di dollari, circa 3,4 miliardi di euro. Forte la distanza dagli istituti di credito spagnoli, che in Portogallo controllano anche delle banche locali, la cui esposizione nel paese lusitano ammonta a 86 miliardi di dollari. Seguono quindi le banche tedesche con quasi 40 miliardi di dollari, le francesi (37 miliardi) e britanniche (25 miliardi).