Politiche monetarie torneranno a spingere il dollaro
Nuovo calo per le posizioni rialziste nette sul biglietto verde. In undici delle ultime dodici rilevazioni la differenza tra contratti “long” e “short” sul dollaro ha registrato una contrazione spingendo il dato complessivo a 6,59 miliardi di controvalore, 0,29 miliardi in meno rispetto al dato precedente. Al termine dell’ultima riunione del Fomc, il braccio operativo della Banca centrale Usa, l’istituto guidato da Janet Yellen ha ridotto la view su inflazione e crescita portando da 4 a 2 gli incrementi dei tassi attesi nell’anno corrente.
Sceso del 3,5% nell’ultimo mese, l’indice del dollaro starebbe per ricominciare a correre. È quanto sostiene un team di Goldman Sachs guidato da Robin Brooks sulla base dello “spread” con le politiche monetarie di Eurolandia e Giappone. “La rimonta sarà difficile, ma il dollaro risalirà”, riportano gli analisti dell’istituto newyorkese, poiché “il potenziale rialzista è elevato”.
“L’allentamento monetario di Bce e Bank of Japan ha già spinto al rialzo il dollaro nel secondo semestre del 2014, ben prima dell’avvio del processo di normalizzazione della Fed” e quindi “se le nostre attese di incrementi dei tassi sono corrette il dollaro potrebbe crescere di un altro 15%”. Forse è proprio per paura di un eccessivo apprezzamento del dollaro “che la Fed sta pesando i messaggi al mercato”.
Dello stesso avviso Steve Barrow di Standard Bank secondo cui “il dollaro non è improvvisamente diventato sopravvalutato rispetto alle altre monete delle economie avanzate” e inoltre “siamo solo nelle fasi iniziali del processo di normalizzazione della Federal Reserve”.