Pir, Bankitalia: rischi con crescita sostenuta fondi. Occhio a titoli con bassa liquidità
Grande successo per i Pir, i piani individuali di risparmio a lungo termine che sono disciplinati dalla Legge di Bilancio del 2017 e che rappresentano una forma di risparmio con incentivi fiscali. Rappresentati da diversi tipi di strumenti, come gestioni patrimoniali e fondi comuni, ma anche polizze Vita, i Pir sono stati creati per canalizzare risorse verso le Pmi italiane e contribuire così lo sviluppo dell’economia italiana.
Le agevolazioni previste sono relative a un investimento non superiore ai 30mila euro l’anno.
Nel riconoscere il loro successo, Bankitalia mette anche in rilievo i rischi che potrebbero crescere nel caso in cui i fondi che possono investire in Pir “continuassero a crescere a ritmi sostenuti”.
Il motivo? Così si legge nel Rapporto sulla Stabilità Finanziaria comunicato lo scorso venerdì da Bankitalia:
“Unaumento dei rischi potrebbe derivare da politiche di investimento che, per usufruire dei benefici fiscali, allochino una parte rilevante del portafoglio in titoli caratterizzati da un basso grado di liquidità, benché negoziati su mercati regolamentati”. Il punto è che, “in tali segmenti di mercato, episodi di volatilità dei corsi potrebbero essere particolarmente accentuati, riflettendosi negativamente sui risultati dei PIR e sulla reputazione degli intermediari che li promuovono”.
Bankitalia rileva come la diffusione dei PIR abbia contribuito alla crescita del comparto dei fondi comuni.
Basti pensare che “nel 2017 le sottoscrizioni nette dei fondi conformi alla normativa sui PIR sono state pari a quasi 10 miliardi, oltre il 50 per cento della raccolta complessiva dei fondi aperti di diritto italiano”. E “flussi consistenti si sono osservati anche nei primi mesi dell’anno in corso”.
Facendo il punto della situazione sul mercato dei Pir, Bankitalia snocciola alcuni numeri, che confermano l’espansione in atto:
“L’introduzione dei piani individuali di risparmio a lungo termine (PIR) ha favorito l’avvio di
fondi di investimento fortemente specializzati nei mercati azionari e obbligazionari italiani. Alla
fine del 2017, a un anno dalla loro introduzione, i fondi comuni di diritto italiano ed estero che
rispettano la normativa sui PIR erano 64, attivi principalmente nei comparti azionario e bilanciato. Il patrimonio complessivo dei 44 fondi di diritto italiano ammontava a 12,4 miliardi, di cui oltre il 56 per cento investito in titoli di società non finanziarie residenti (a fronte di una media inferiore al 3 per cento per gli altri fondi)”.
Ancora:
“Gli investimenti in titoli emessi da imprese italiane riguardano principalmente società di media
e grande dimensione dei settori manifatturieri e dei servizi. Le obbligazioni ammontano a 2,5 miliardi, il 35 per cento delle quali emesse nel 2017; appena l’1 per cento è investito in minibond. Le azioni, pari a 4,3 miliardi, sono concentrate su un numero limitato di imprese: il 50 per cento è distribuito su 24 titoli. Nel 2017 gli investimenti in titoli con bassa o media capitalizzazione, finalizzati a soddisfare i requisiti previsti dalla normativa sui PIR, si sono accompagnati a un forte incremento dei corsi nei corrispondenti segmenti di mercato. L’effetto diretto degli acquisti sui prezzi di mercato appare al momento limitato: l’apprezzamento dei corsi ha infatti riguardato anche titoli non interessati dall’attività dei fondi. Tuttavia, nel caso in cui i PIR continuino a crescere a ritmi elevati, non si può escludere che i loro investimenti possano contribuire a una sopravvalutazione dei corsi nei segmenti meno liquidi del mercato“.