Petrolio giù, delusione dall’Opec. E c’è chi prevede nuovo crollo a $35
“Buy The Rumor, Sell the News” sui mercati del petrolio, con tanto di delusione da parte degli investitori, che avevano sperato in qualcosa di più dalla riunione dell’Opec.
Invece, è stato confermato quanto i mercati già da giorni avevano scontato. L’Opec ha deciso infatti di estendere di nove mesi i tagli all’offerta che erano stati concordati con i paesi non Opec a fine 2016, dunque fino al marzo del 2018.
E’ stato lo stesso ministro dell’energia saudita Khalid al-Falih ad affermare che, per quanto si sia discusso in merito alla possibilità di varare tagli più profondi, alla fine si è deciso che non fosse necessario intervenire a tal punto.
Il ministro ha definito la proroga dei tagli “una scommessa sicura”. Non hanno pensato lo stesso, tuttavia, gli investitori, tanto che in pochi minuti il contratto WTI scambiato a New York è capitolato da un massimo intraday di $52 al barile a $50,17.
Outlook prezzi petrolio: nuovo tonfo all’orizzonte?
Questi i commenti a caldo di alcuni strategist che operano nel settore, stando a quanto riportato da Bloomberg:
Scott Darling, responsabile dei mercati petroliferi e del gas per la regione dell’Asia Pacifico di JP Morgan, ha definito la proroga di nove mesi “positiva per i prezzi”, sottolineando comunque che “esiste la necessità che i tagli rimuovano altri 325 milioni di barili in eccesso dai magazzini”. In poche parole, il cartello “deve affrontare l’eccesso di petrolio e di scorte di prodotti petroliferi, presente a livello mondiale”.
Erik Norland, economista senior presso CME Group, ha invece sottolineato che “tutte le opzioni dell’Opec sono negative” e che assistere a “un calo dei prezzi fino a $35 non sarebbe uno choc”.
Il gruppo ha fatto notare come il cartello abbia ormai le mani legate: “l’aumento della produzione non-Opec, in particolare di quella Usa, è costata all’Opec quote di mercato e tagli più importanti peggiorerebbero soltanto la situazione”. In più, “la proroga dei tagli è stata già scontata dai mercati, e la produzione americana segnerà una ulteriore crescita”.
Al-Falih ha continuato a ribadire che i tagli all’offerta stanno funzionando, che gli smobilizzi delle scorte accelereranno il passo nel terzo trimestre, e che i livelli degli stock scenderanno alla media degli ultimi cinque anni nel primo trimestre del prossimo anno.
A suo avviso, sebbene il gas di scisto Usa garantirà “un ritorno positivo”, ciò non deraglierà gli obiettivi dell’Opec, in quanto l’estensione dei tagli “raggiungerà il suo scopo”.
Indubbiamente, l’estensione dei tagli, come scrive anche Bloomberg, “rappresenta un periodo raro di collaborazione tra l’Opec ed alcuni dei suoi più importanti rivali, come la Russia. L’ultima volta che le controparti lavorarono insieme fu 15 anni fa, e l’accordo saltò poco dopo essere stato siglato. L’intesa attuale tra l’Opec e non Opec coinvolge paesi che producono il 60% circa dell’offerta mondiale di petrolio, ma esclude importanti produttori come Stati Uniti, Canada, Norvegia e Brasile.
Ma i mercati sono rimasti sordi alle rassicurazioni del cartello, tanto che il Brent è arrivato a cedere fin oltre -2%, al di sotto della soglia di $53, prima di riagguantare tale livello, con una flessione comunque dell’1%. Per Nordbank, indubbiamente il mercato aveva aspettative ben più alte, che l’Opec non è riuscita a soddisfare.
Gli investitori continuano inoltre a manifestare nervosismo sull’aumento della produzione in Nigeria e Libia, paesi che sono esonerati dall’accordo a causa dei conflitti interni che minacciano la loro offerta.