Petrolio: l’effetto Siria spinge i prezzi ai massimi degli ultimi due anni
L’effetto Siria si è visto sui listini azionari e sulle materie prime. Ieri l’escalation ha subito un’accelerazione con i media americani che hanno svelato un attacco entro domani sera. “Abbiamo piazzato tutte le forze in campo e adesso aspettiamo la decisione del presidente Obama“, ha dichiarato il Segretario della Difesa Usa, Chuck Hagel. I mercati hanno già fiutato il blitz militare contro Damasco e i riflessi più evidenti si sono intravisti sulle quotazioni del petrolio, con il West Texas Intermediate (Wti) con consegna ottobre salito nella notte sopra quota 112 dollari al barile, il massimo dal maggio del 2011.
La corsa del greggio è partita lunedì quando il Segretario di Stato americano, John Kerry, ha dichiarato di avere la certezza che il regime di Assad ha utilizzato armi chimiche contro la popolazione civile. Oltre al Wti, anche le quotazioni del Brent (consegna ottobre) hanno accelerato salendo sopra la soglia dei 115 dollari al barile e, a detta di Societe Generale, un attacco imminente in Siria potrebbe far salire ancora le quotazioni di 5-10 dollari.
Se invece in Siria dovesse verificarsi un’interruzione degli approvvigionamenti in stile Iraq, secondo gli analisti della banca francese il Brent potrebbe spingersi fino a 150 dollari al barile. Oltre ai future sul petrolio, sui mercati si è assistito ad una risalita dell’oro sopra quota 1.400 dollari l’oncia, ovvero sui massimi dallo scorso giugno.
Sul fronte azionario, dopo le forti vendite di ieri, oggi a Piazza Affari l’indice Ftse Mib guadagna lo 0,70% in area 16.700 punti in scia alle schiarite sul futuro del governo Letta, che para abbia trovato la quadra sul nodo Imu. Più deboli le altre Borse del Vecchio Continente: a Londra il Ftse 100 cede lo 0,40%, a Francoforte il Dax arretra dello 0,50%, a Parigi il Cac 40 perde lo 0,30%, a Madrid l’Ibex 35 lascia sul parterre lo 0,70%.