Pensioni: parità in cinque tappe per le donne della pubblica amministrazione
Nella bozza di riforma il primo adeguamento per le dipendenti Pa sarà a gennaio 2010, l’ultimo nel 2018
Ormai la strada è tracciata. Saranno cinque i gradini per innalzare a 65 anni il requisito per la pensione di vecchiaia delle donne impiegate nella Pubblica amministrazione e raggiungere in questo modo la piena parità con gli uomini. E’ quanto prevede la bozza predisposta dai tecnici del ministero del Lavoro.
Nel dettaglio la riforma stabilisce che il primo gradino, con l’innalzamento di un anno di età, scatti il primo gennaio del prossimo anno. L’ultimo gradino è previsto invece per il gennaio 2018, quando potranno ritirasi con la pensione di vecchiaia le donne dipendenti della Pubblica Amministrazione che oggi hanno 56 anni.
In sostanza il provvedimento prevede la sequenza di uno scatto di un anno di età ogni 24 mesi. Per la bozza del testo normativo, che è stata predisposta dai tecnici del ministero del lavoro, inizia l’iter di approvazione: prima verrà inviata alla Commissione europea per un esame informale ed entro un paio di settimane sarà poi la volta del consiglio dei Ministri, chiamato ad esprimere un parere.
Cosa cambierà. Secondo Bruxelles il programma di stabilità italiano approvato recentemente è stato un primo passo positivo verso la giusta direzione. Pur riconoscendo che “l’impatto di bilancio di lungo termine dell’invecchiamento della popolazione in Italia è più basso della media Ue, con la spesa pensionistica che mostra un aumento limitato rispetto alla media Ue, grazie alle riforme delle pensioni adottate”, la Commissione nota come “la spesa per le pensioni rispetto al Pil resta tra le più alte dell’Ue e le previsioni si basano sul fatto che le riforme adottate vengano attuate, in particolare la revisione dei coefficienti”.
E per questa ragione la Commissione azzarda che una soluzione potrebbe essere l’inserimento di “misure addizionali, come un ulteriore aumento dell’età pensionabile in particolare per le donne”. L’aumento dell’età pensionabile per le statali comporterà, infatti, un risparmio di spesa pensionistica, che è già stato quantificato ma sul quale è stato mantenuto il massimo riserbo.
Questi “fondi” risparmiati dovranno essere impiegati – come richiesto dall’Ue – per finanziare politiche attive a sostegno del lavoro femminile nel settore pubblico e finalizzate al riequilibrio di ruoli e funzioni ancora oggi disomogenei tra i sessi.