Pechino alza i prezzi dei carburanti, effetti solo temporanei sul prezzo del greggio
Dopo India, Malesia e Indonesia anche la Cina mette un argine ai consumi di petrolio. Da oggi scatterà nel Paese il taglio ai sussidi per l’acquisto di carburanti, che si tradurrà in un aumento dei prezzi. Quello della benzina salirà del 17%, quello del gasolio del 18%, mentre il kerosene per aviazione del 25%. Lo ha reso noto la Commissione Nazionale per lo Sviluppo e la Riforma cinese, in uno sforzo teso al contenimento delle pressioni inflazionistiche, dichiarato nemico numero uno del governo di Pechino. Nonostante la manovra causi un aumento dei prezzi nel breve termine, lo scopo delle autorità è quello di provocare una riduzione della domanda nel medio periodo.
La riforma cinese non ha tuttavia risvolti solo all’interno dei confini dell’ex Celeste impero. La Cina è infatti il secondo maggior utilizzatore mondiale di greggio dopo gli Stati Uniti e maggiori prezzi nel Paese comportano una riduzione della domanda complessiva di greggio stimata intorno allo 0,03% della domanda globale, pari quindi a 30mila barili/giorno. Un impatto sui prezzi si è visto già ieri all’atto dell’annuncio, con le quotazioni del Wti che a New York hanno perso oltre 4 dollari nel giro di meno di due ore. Dopo essere sceso sotto i 132 dollari nella notte, segnando il maggior calo giornaliero dallo scorso marzo, il Wti è però tornato a risalire e attualmente su piattaforma elettronica quota a 133,40 dollari.
La manovra di Pechino era però nell’aria. Solo due giorni fa Citigroup aveva emesso un report scrivendo di prezzi dell’energia in Cina inferiori del 50% a quelli internazionali, e descrivendo la situazione “insostenibile nel lungo periodo”. Nello stesso studio gli esperti definivano una manovra come quella annunciata ieri “una mossa positiva per l’intero mercato”, segno “di una politica maggiormente orientata al mercato da parte del governo”. Altri analisti si aspettavano comunque una dilazione almeno fin dopo le Olimpiadi che prenderanno il via il prossimo 8 agosto. Di questo parere erano gli analisti di Goldman Sachs, che in un commento descrivono l’aumento come “anticipato e maggiore delle attese”.
Resta tuttavia l’interrogativo su quale sarà l’effettiva reazione della domanda cinese, finora dimostratasi perfettamente indifferente all’andamento dei prezzi.