Non bastano le rassicurazioni di Profumo, Unicredit crolla ancora
E’ il giorno più lungo per le banche europee. Da qui a giovedì, giorno del nuovo voto al Congresso Usa sul piano di salvataggio del sistema finanziario, gli istituti continentali dovranno affrontare una traversata nel deserto, o meglio in Borsa, piena di insidie.
In Italia a pagare il prezzo più alto è, e non da oggi, il titolo Unicredit. Dopo la seduta di ieri in cui il titolo è stato sospeso due volte per eccesso di rialzo fino a raggiungere i minimi degli ultimi 10 anni, oggi l’azione è stata nuovamente sospesa per lo stesso motivo a soli 15 minuti dall’avvio delle contrattazioni quando aveva toccato i 2,6925 euro, con un calo del 9,5 per cento.
E a nulla sono serviti anche i rassicuranti stralci di una lettera inviata dall’a.d. Alessandro Profumo ai dipendenti pubblicati oggi da alcuni quotidiani. “Siamo assolutamente sereni – si legge – rispetto alla nostra posizione anche nell’attuale scenario dei mercati globali”. “Non è nelle nostre abitudini commentare i rumor, o entrare nel merito delle speculazioni, ma consideriamo importante rassicurare tutti voi sulla situazione complessiva del gruppo”. Fiduciosi anche le note sul posizionamento in termini di liquidità, con una disponibilità a breve che “garantisce liquidità ben più a lungo del 2008 senza ulteriore ricorso al mercato”, mentre l’attività di funding di medio e lungo termine per il 2008 “è già stata completata e non sono richiesti ulteriori interventi”.
Tutto questo non serve a rimuovere le incertezze che circondano il comparto e soprattutto le banche che come Unicredit (attraverso Hvb) hanno avamposti in Germania, dove le banche potrebbero essere costrette a essere parte attiva nei salvataggi.
Sotto pressione sono però tutti gli istituti del Vecchio continente, con lo Stoxx sui bancari che cede il 3,1% e quello sugli assicurativi il 2,9%. E’ stata sospesa nuovamente per eccesso di ribasso anche Fortis (ieri oggetto di parziale nazionalizzazione), mentre la conterranea Aegon arretra dell’8%. Ribassi vicini al 5% interessano anche Credit Agricole, Axa e Ubs.