Mps volta pagina e si affida a Fabrizio Viola per scrivere la nuova fase del gruppo. Ieri sera, poco dopo la chiusura del mercato, il consiglio di amministrazione del gruppo bancario senese ha ufficializzato la nomina di Viola (ex amministratore delegato di Bper) a nuovo direttore ufficiale del gruppo. E sempre nella riunione di ieri il board di Mps ha formalizzato l’addio di Antonio Vigni, ringraziato dal presidente e dal consiglio di amministrazione “per i risultati e gli obiettivi industriali raggiunti dalla banca sotto la sua direzione dal 2006 a oggi”.
Gli impegni di Fabrizio Viola, che ha il delicato compito di riconquistare la fiducia dei mercati, sono molti e ravvicinati. Entro il 20 gennaio Mps dovrà presentare in Banca d’Italia un piano industriale in grado di fronteggiare la richiesta di capitale indicata dall’Autorità bancaria europea (Eba) e pari a 3,2 miliardi di euro. L’imperativo è evitare l’aumento di capitale.
Chi è Fabrizio Viola?
Fabrizio Viola, romano e con una laurea in economia aziendale all’Università Bocconi di Milano, è stato direttore Generale di Banca Popolare di Milano, dal settembre 2004 allo stesso mese del 2008 prima di essere nominato amministratore delegato della Banca Popolare dell’Emilia Romagna (Bper), incarico ricoperto fino al suo arrivo nel gruppo Montepaschi.
Doppia reazione alla nomina di Viola
La nomina ufficiale di Fabrizio Viola ha innescato una doppia reazione. Da una parte quella entusiasta del mercato (il titolo Mps ha chiuso ieri gli scambi con un rialzo dell’8,8% e oggi ha aperto con un +3,3% in testa al Ftse Mib), e dall’altra quella dei sindacati che hanno organizzato un presidio in Piazza Salimbeni, preoccupati per i possibili tagli che potrebbero essere decisi. Lunedì scorso i sindacati del gruppo Mps erano stati convocati dal presidente della banca, Giuseppe Mussari, dopo la diffusione del comunicato a inizio gennaio in cui venivano richieste le dimissioni dello stesso Mussari e quelle del presidente della Fondazione, Gabriello Mancini. A inizio settimana i sindacati hanno sottolineato “la necessità di assoluta chiarezza rispetto alle ricadute che il nuovo piano potrebbe avere sulla tenuta delle garanzie contrattuali a partire dai livelli occupazionali, dalla mobilità e dagli assetti salariali”.