Torna la voglia di emergenti, prezzi stracciati riattivano gli afflussi
Alla riscoperta dei mercati emergenti. Un po’ sottotraccia nelle ultime settimane è iniziato il tentativo di risalita delle Borse emergenti con rialzi decisamente cospicui in alcuni casi. Proprio i mercati dei paesi più in sofferenza, quali Russia e Brasile (alle prese entrambi con una perdurante recessione), segnano balzi sostanziosi con un +21% nell’ultimo mese di contrattazioni sia per il Bovespa brasiliano che per l’RTSI russo. In generale dai minimi dello scorso 21 gennaio, l’indice MSCI Emerging Markets ha segnato un rimbalzo nell’ordine del 15%. Una sponda importante alla risalita è stato il rally delle materie prime con in particolare il petrolio, la cui discesa era stata uno dei fattori scatenanti del sell-off di inizio anno, risalito con decisione dai minimi.
Nella settimana chiusa al 2 marzo il cambio di umore sugli emergenti è stato testimoniato dal ritorno di flussi positivi sugli Emerging Markets Equity Funds per la prima volta dallo scorso novembre (dati EPFR Global). Una inversione di tendenza favorita dall’allentamento delle tensioni sui mercati, le attese per ulteriori stimoli monetari da parte di diverse banche centrali (Bce, BoJ e Peple’s Bank of China) e soprattutto la risalita dei prezzi di petrolio e materie prime in generale. In particolare flussi hanno caratterizzato il Brasile nonostante la recessione economica più forte del previsto, l’incertezza politica, la disoccupazione in salita e l’inflazione ai massimi a 12 anni. Il Brasile, che quest’anno ospiterà le Olimpiadi estive, è alle prese con gli scandali legati alla corruzione; nell’ultima settimana i mercati hanno accolto bene la notizia del coinvolgimento anche dell’ex presidente del Brasile, Luiz Inacio Lula, nello scandalo Petrobas. Sviluppi che hanno alimentato le attese di un impeachment dell’attuale presidente Dilma Rousseff e un conseguente cambio di governo. Forti flussi anche sui China Equity Funds che hanno inanellato la sesta settimana positiva su nove da inizio anno.
Segnali di riscoperta degli emergenti anche nel mercato europeo degli ETF. A febbraio l’azionario emergente ha tenuto bene con disinvestimenti molto limitati (124 mln) rispetto ai 2,4 mld di deflussi che hanno caratterizzato gli ETF azionari in generale (dati Barometro Lyxor di febbraio). Lo scorso mese gli ETF che replicano gli indici più ampi relativi ai mercati emergenti hanno riportato nel complesso afflussi per 196 mln indicando un cauto ritorno degli investitori in quest’area.
Emergenti possibile affare del decennio
Emergenti che secondo Christopher Brightman, responsabile degli investimenti di Research Affiliates (gruppo Pimco), possono rappresentare l’affare del decennio alla luce delle valutazioni stracciate a cui erano scesi a inizio anno. Lo strategist di Research Affiliates ha detto che le azioni e bond emergenti appaiono a buon mercato rispetto alla media storica dei prezzi: “Alti rendimenti, tendenze demografiche favorevoli, forti prospettive di crescita della produttività e una tendenza a lungo termine di miglioramento della qualità del credito rendono gli asset emergenti molto attraenti”. Guardando al Shiller P/E, che divide prezzi reali per la media decennale degli utili per azione, ci sono state solo sei volte in cui è sceso sotto a 10 negli ultimi 25 anni. Nei successivi cinque anni, le azioni emergenti si sono rivalutate in media del 188%. Anche BlackRock e Goldman Sachs nelle ultime settimane sono tornate a consigliare guardare con interesse al debito dei paesi emergenti. In particolare BlackRock ritiene che le attuali valutazioni riflettono già il calo dei prezzi delle materie prime e le politiche delle principali banche centrali mondiali rendono gli asset “rischiosi” più attraenti.
Esposizione selettiva o mix sviluppati-emergenti
La scommessa sulla riscossa degli emergenti presenta un certo grado di rischiosità che può essere stemperato attraverso l’investimento su ETF che si rifanno a indici ben diversificati o che si concentrano su determinate aree, ad esempio gli emergenti asiatici se si vuole limitare l’esposizione a paesi fortemente dipendenti dalle materie prime quali Brasile e Sudafrica. Si può anche optare per gli ETF smart beta – in Italia sono quotati l’Ossiam ETF Emerging Markets Minimum Variance NR e l’iShares MSCI Emerging Markets Minimum Volatility UCITS ETF – che selezionano i titoli più liquidi all’interno dell’universo dei mercati emergenti al fine di ridurre la volatilità complessiva. Inoltre nel caso dell’ETF proposto da Source sono previste delle soglie massime di peso sia a livello settoriale che di singolo Paese al fine di diversificare ulteriormente l’investimento. Una via di mezzo per esporsi sugli emergenti è rappresentata poi da quegli ETF che si rifanno a indici MSCI ACWI (All Country World Investable Market) che al loro interno comprendono sia Paesi sviluppati sia Paesi emergenti permettendo di non accentrare il rischio solo sugli emergenti. Di contro gli ETF con esposizione su singoli mercati da un lato aumenta l’esposizione al rischio specifico del singolo paese emergente, dall’altro permette di implementare una strategia aggressiva che punta sulle potenzialità di una determinata realtà. In tutti i casi va tenuto presente che investitore risulta esposto alle variazioni del tasso di cambio tra l’Euro e le valute locali in cui sono quotati i componenti degli indici sottostanti. Tra gli elementi di rischio spicca l’evoluzione dei prezzi delle materie prime che condiziona l’umore dei mercati dei Paesi emergenti esportatori di commodity.