Notizie Notizie Mondo Mercati emergenti: la culla delle nuove società globali e dei futuri consumi

Mercati emergenti: la culla delle nuove società globali e dei futuri consumi

27 Aprile 2016 11:48

 

 
ExxonMobil, Coca-Cola e McDonald’s sono ancora dei colossi, ma un esercito di nuove società globali si sta facendo strada molto rapidamente. Si tratta per lo più di società basate sulle idee (per esempio, Google e Facebook), o con una soluzione unica a un problema globale (come il diabete o il cancro) e hanno un ruolo fondamentale nell’economia globale: rappresentano infatti l’80% del commercio, il 75% dell’attività di ricerca e sviluppo nel settore privato e il 40% della crescita della produttività mondiale. Inoltre, le economie dei Paesi in via di sviluppo sono spesso i principali motori di crescita di queste società globali. “La clientela di queste società ha raggiunto quasi 3 miliardi di persone – spiega Gerald Du Manoir, gestore di portafoglio di Capital Group – i consumatori dei mercati emergenti hanno alimentato e rimodellato la domanda, considerando che i giovani consumatori in alcuni Paesi guadagnano più dei loro genitori. Si prevede che i consumi sui mercati emergenti raggiungeranno 30.000 miliardi di dollari tra dieci anni, pari a quasi alla metà dell’intera spesa globale“.
Prospettiva g(local)
In altri termini i parametri tradizionali, come la crescita del Pil o il Pil pro capite, non costituiscono più indicatori affidabili delle prospettive di espansione di una società. “Per poter prosperare, le società globali devono comprendere i consumatori delle economie emergenti e capire come sviluppare e commercializzare i propri marchi in questi Paesi – spiega Du Manoir. Che aggiunge: “Nestlé e Unilever, due delle società globali di maggiore successo nei prodotti di consumo, hanno alcuni marchi presenti a livello globale (tra cui Nespresso di Nestlé e Knorr di Unilever), mentre altri sono destinati solo ai mercati locali. Inoltre utilizzano catene di distribuzione globali e locali”. Non solo. Queste multinazionali hanno raggiunto il successo realizzando i prodotti nei mercati emergenti. Il purificatore d’acqua Purelt di Unilever, per esempio, è stato realizzato in India prima di essere venduto in Brasile, Messico, Indonesia e Nigeria. In Cina, inoltre, Unilever ha creato un brodo in gelatina con il marchio Knorr, che è diventato famoso in tutto il mondo.
Il caso Nokia
Solo nell’ultimo decennio abbiamo assistito al cambiamento di dimensioni delle società globali e alla variazione delle dinamiche competitive causate dai rapidi progressi tecnologici e dalla crescita dei mercati emergenti, che hanno messo in dubbio le vecchie modalità di condurre affari. Procter & Gamble, che produce il detergente Tide, i pannolini Pampers e i prodotti per la rasatura Gillette, ha avuto difficoltà a causa dei prezzi e di un’attività più centralizzata rispetto ai concorrenti. E, trovandosi ad affrontare la stagnazione delle vendite, P&G ha dovuto cedere marchi in tutto il mondo per favorire la redditività. “Non riuscire a identificare le tendenze a livello regionale può costare molto caro – dice Du Manoir – Ne sa qualcosa Nokia, che un tempo dominava il mercato della telefonia mobile in India, e che ha visto scendere la propria quota di mercato dopo che un nuovo operatore locale ha lanciato cellulari con due SIM“.
I nuovi protagonisti
Alcune società nei mercati emergenti stanno al contrario diventando importanti attori sulla scena globale. Tencent, la più grande società cinese di social networking e online gaming, è una delle internet company di maggiore valore al mondo. Recentemente ha iniziato a espandersi all’estero, generando il 7% dei propri ricavi annui al di fuori della Cina. Huawei Technologies, un’altra società cinese, è riuscita a diventare il più grande produttore al mondo di attrezzature per le telecomunicazioni e il terzo produttore di smartphone, dopo Apple e Samsung. Secondo Boston Consulting Group, dal 2003 al 2013 il numero di società con più di un miliardo di dollari di ricavi annui è aumentato di sei volte in Asia, dove supera le mille unità, ed è quasi raddoppiato in America Latina, Africa e Medio Oriente, dove sono più di 700.  “Per gli analisti che hanno il compito di selezionare le società da inserire nei portagli di investimento questo significa che occorre coprire sia le società globali sia le società locali che stanno diventando competitor sempre più forti“, spiega Du Manoir. Che conclude: “Nella selezione dei titoli oggi non si può più fare riferimento solo alla crescita organica. Questo potrebbe ancora andare bene nei periodo di bassa volatilità dei cambi, non certo nel contesto attuale”.