Lo spread non scalfisce UBI Banca: CET1 stabile e utile 9 mesi ai massimi a 10 anni
L’impennata dello spread si fa sentire sui ratio patrimoniali delle banche che però, per il momento riescono a mantenere elevati livelli di patrimonializzazione. Dopo Intesa Sanpaolo (CET1 salito da 13,6% a 13,7%), anche UBI Banca si mostra resiliente al balzo dello spread in area 300 pb negli ultimi mesi.
Al 30 settembre 2018 il CET1 fully loaded è all’11,42%, invariato rispetto a giugno 2018, nonostante l’impatto dell’ulteriore allargamento degli spread sulla riserva di valutazione dei titoli in portafoglio (il dato non include utilizzi di DTA future e include pro-quota l’ipotesi di un dividendo).
“Inevitabilmente l’incremento dello spread ci ha portato ad avere un impatto in senso negativo sul patrimonio – asserisce il ceo di Ubi Banca, Victor Massiah – ma altre voci, altre componenti ci hanno permesso di assorbire completamente questo impatto negativo, tant’è che il coefficiente patrimoniale Cet1, quello più rilevante per la misurazione della solidità è allo stesso identico livello di quello di giugno, quindi questo vuol dire che la nostra banca è stata in grado di assorbire l’allargamento dello spread senza avere conseguenze sui coefficienti patrimoniali”. “Resta vero che se non ci fosse stato avremmo avuto coefficienti patrimoniali più alti, però intanto portiamo a casa una solidità e una capacità di resilienza che è stata tipica anche durante le crisi precedenti e che confermiamo in questo trimestre”, conclude il numero uno dell’istituto bergamasco.
Utile 9 mesi ai massimi decennali e NPL giù di 1,5 mld
UBI Banca ha archiviato il terzo trimestre con un utile al netto delle componenti non ricorrenti di 38,5 milioni (101,1 milioni di euro nel secondo trimestre 2018 e 37,3 mln nel terzo trimestre 2017). Le stime di consensus erano ferme a 37,3 mln. L’utile netto incluse le componenti non ricorrenti si è attestato a 1,6 milioni, influenzato da oneri straordinari legati al Piano Industriale (oneri legati all’accordo sindacale firmato a settembre 2018 per 36,9 milioni netti nel trimestre) e dalle perdite (43,8 milioni netti) relative alla cessione delle tranches mezzanine e junior della cartolarizzazione di sofferenze, che ne ha consentito il deconsolidamento. Considerando i primi 9 mesi del 2018, al netto delle poste non ricorrenti, l’utile netto è di 260,6 milioni, il miglior risultato degli ultimi 10 anni (167,3 nei primi 9 mesi del 2017).
Massiah conferma la previsione di un risultato complessivo annuo migliore di quello dell’anno precedente. “Anche questi ultimi risultati di quest’anno, di questo trimestre in particolare, ci dicono che stiamo sopportando bene questa volatilità sui mercati”, argomenta Massiah.
Lo stock di crediti deteriorati totali lordi della banca si è attestato a 10.491,6 milioni di euro, in diminuzione del 12,6% (o 1.516,8 milioni) rispetto al 30 giugno 2018, e del 15,5% (o 1.922 milioni) rispetto a inizio anno. La riduzione è da attribuirsi sia alla vendita delle tranches mezzanine e junior della cartolarizzazione di sofferenze, che ne ha consentito il deconsolidamento, sia agli elevati livelli dei recuperi. L’incidenza dei crediti deteriorati lordi sul totale dei crediti lordi passa all’11,14% dal 12,41% del 30 giugno 2018 (era il 12,85% a inizio 2018).