Letta, Ue: ‘soldi vengano distribuiti direttamente in tasche cittadini e imprese. I quattro paesi frugali? Piuttosto, tirchi’
“I fondi che si stanno negoziando in Europa non vengano distribuiti dai singoli Stati: sia direttamente Bruxelles a metterli nelle tasche di cittadini e imprese”. La proposta arriva dall’ex presidente del Consiglio Enrico Letta. In un’intervista rilasciata a La Stampa, Letta si racconta. L’ex premier ha trascorso il suo lockdown a Roma, dove non ha potuto fare a meno di notare “ancora tensione, troppi sguardi in cagnesco”. E. anche, troppo “euroscetticismo”. Fattore che conferma come la forbice tra ciò che l’Europa fa davvero per l’Italia e ciò che viene percepito continua a rimanere troppo ampia. Tanto che, per molti, Cina e Russia starebbero facendo molto di più per aiutare la nostra economia: “C’è uno scarto impressionante tra quello che sta facendo l’Europa e la percezione dei cittadini: secondo i sondaggi, molti credono che ci stiano aiutando più Cina e Russia, con qualche milione di euro, dell’Unione europea che sta mettendo miliardi. La gente deve percepire che le risorse che ci aiuteranno a ripartire sono targate Ue”.
Sarebbe di conseguenza un bene se, una volta raggiunto un accordo sul Recovery Fund, i soldi non venissero erogati dal tramite dei singoli Stati, ma da Bruxelles. Certo, viene ricordato come ci siano ancora diversi paesi, in Europa, contrari alla proposta franco-tedesca, la cui realizzazione comporterebbe l’erogazione di sussidi, non di prestiti da restituire. Frugali? Per Letta il termine frugale ha un’accezione positiva. Sarebbe il caso di estrarre dal vocabolario il termine “tirchi”, dice.
“Il termine frugale ha un’accezione positiva – spiega Letta – Preferisco come vengono chiamati in Francia: Paesi radins».
I Paesi «tirchi»” Tra l’altro, la loro proposta (di erogare prestiti, a fronte dell’osservanza di determinate condizioni) “non si può definire tale, è un modo per non sedersi nemmeno a trattare. È la premessa per arrivare all’opting out inaugurata dall’Inghilterra: quando si contrapponeva talmente a qualunque forma di avanzamento dell’integrazione europea da far passare l’idea che gli altri andassero avanti a negoziare mentre loro si tenevano fuori. Lo hanno fatto in varie occasioni, con l’euro, con Schengen…”. A suo avviso questi paesi frugali a suo avviso tirchi – in questo caso sono Austria, Danimarca, Olanda e Svezia – che hanno presentato di fatto una loro controproposta a quella di Merkel-Macron – devono essere consapevoli delle loro dimensioni: solo due – Austria e Olanda -sono nell’euro, e due su 19 sono una piccola minoranza. Non si può fermare tutto per l’avarizia di due Paesi».
In queste ore i quattro paesi hanno fatto di tutto per prendere le distanze dal piano franco-tedesco. Eppure proprio in una recente intervista a Bloomberg inizialmente il premier austriaco Sebastian Kurz aveva manifestato l’intenzione di mostrare solidarietà all’Italia, sottolineando che, senza l’Ue, Roma non riuscirebbe a gestire il suo carico di debiti. Peccato che in quell’occasione Kurz non avesse esplicitato cosa significhi per lui “solidarietà”, cosa che ha fatto invece qualche giorno fa, quando ha detto che ‘vogliamo mostrare solidarietà ai paesi che sono stati colpiti in modo particolarmente duro dalla crisi (del coronavirus COVID-19), ma ritieniamo che i prestiti siano la cosa giusta, non i sussidi”.
I quattro paesi frugali – tirchi per Letta – hanno presentato la loro proposta nella giornata di sabato 23 maggio: nel testo, si legge che la ripresa economica debba essere accompagnata da “un forte impegno verso le riforme e gli impegni di bilancio”. Il Fondo di emergenza ci sarebbe ma avrebbe al massimo una durata di due anni. Austria, Danimarca, Svezia e Olanda hannno anche auspicato controlli in modo che i fondi stanziati vengano protetti da eventuali frodi, e che la spesa dunque venga monitorata per evitare qualsiasi episodio di corruzione. I quattro insistono che debba essere esclusa una qualsiasi “mutualizzazione del debito” in quanto un tale iter porterebbe i paesi meno disciplinati e più deboli dell’Ue a percepire finanziamenti a tassi più agevolati caricando gli oneri sulle spalle dei paesi più forti del Nord Europa.