Leonteq lancia il nuovo certificato Phoenix Autocallable su Daimler, Ferrari e Porsche con barriera profonda ed effetto memoria

In un mercato a tassi zero, la ricerca di rendimento e di protezione sembra essere impossibile, in quanto variabili antipodali, difficilmente accoppiabili nella costruzione di un qualunque strumento finanziario. Non per il DNA dei certificati, un asset class in un mercato in crescita per conciliare in varie strutture di investimento la possibilità di crescita di valore e la salvaguardia del proprio investimento. In questo articolo ci concentreremo sul nuovo certificato Phoenix Autocallable (ISIN CH1124143053) emesso da Leonteq e già disponibile sul segmento EuroTLX di Borsa Italiana. Si tratta di un prodotto con sottostante un paniere di azioni formato da Daimler, Ferrari e Porsche pensato per affrontare l’imprevedibile congiuntura di mercato. Diversi i punti di forza, che analizzeremo nel seguente articolo. L’elemento fondamentale è la struttura del certificato che permette all’investitore grande flessibilità e resilienza anche in caso di ulteriori fasi di ribasso che potrebbero verificarsi sui mercati sia nel breve che nel medio periodo.
Il nuovo certificato con ISIN CH1124143053 ha un prezzo di emissione di 1.000 euro per strumento, scadenza a quattro anni (27 agosto 2025), cedola condizionata trimestrale del 2%, pari ad un massimo annuo dell’8%, e barriera profonda al 60%. Quest’ultimo elemento, sommato al fatto che la barriera è europea, quindi con valutazione del valore dei sottostanti ai fini della restituzione del capitale solo a scadenza, ne fa un prodotto pensato per affrontare anche le fasi di debolezza del mercato.
Come funziona il certificato Phoenix Autocallable
Ogni trimestre, a partire dal 29 novembre 2021, il certificato pagherà una cedola del 2% (20 euro per strumento) a condizione che il prezzo di chiusura ufficiale di tutti i sottostanti (Daimler, Ferrari e Porsche) sia al di sopra del livello di attivazione della cedola (in questo caso uguale al livello barriera, pari al 60% del livello di fixing iniziale). Non solo, la cedola gode anche dell’effetto memoria. Questo significa che una cedola non pagata non è definitivamente perduta ma portata in memoria: nelle successive date di osservazione, qualora si verifichino le condizioni che danno diritto al pagamento, le cedole non pagate in precedenza verrebbero distribuite insieme a quella di pertinenza di detta data di osservazione.
Il prodotto offre agli investitori un altro vantaggio: l’autocallability. In pratica, dopo i primi sei mesi il certificato permette anche il pagamento anticipato del capitale nominale (1.000 euro per strumento). Infatti, ad esempio, se al 28 febbraio 2022 (prima data di osservazione dell’autocallability) il prezzo di chiusura ufficiale di ciascun sottostante sarà al di sopra del livello di fixing iniziale (livello di autocall trigger=100% del livello di fixing iniziale), allora il certificato verrà rimborsato, pagando il valore nominale più le eventuali cedole dovute. Tale sistema viene incontro all’investitore, incrementando le probabilità di restituzione del capitale nominale.
Infine, a scadenza (27 agosto 2025), le possibilità sono due: se l’evento barriera non si verifica, ovvero se il livello di fixing finale di tutti i sottostanti è superiore al rispettivo livello barriera (60% del livello di fixing iniziale), l’investitore riceverà il 100% del valore nominale (1.000 euro a certificato), più la cedola di pertinenza del periodo (ed eventualmente altre portate in memoria). Se l’evento barriera si verifica, l’investitore riceverà un rimborso uguale al capitale nominale decurtato della performance del sottostante con la peggior performance rispetto al livello di fixing iniziale.
Daimler, Ferrari e Porsche spingono sull’elettrico
Storicamente, shock esogeni della portata del Covid hanno sempre causato un’accelerazione dei megatrend in atto nell’economia. Il cambiamento climatico ha portato a una notevole sensibilizzazione nei confronti della transizione dai combustibili fossili all’elettrico. I principali player del settore automotive, tra cui Daimler, Ferrari e Porsche, stanno investendo per adeguarsi a questa nuova tendenza, e il mercato comincia a scontare nei prezzi il loro impegno nel favorire la transizione.
Nella corsa all’elettrico l’Europa è più avanti dell’America e ha annunciato il piano “fit for 55” per ridurre del 55% le emissioni entro il 2030 con l’obiettivo finale di azzerarle entro il 2050. Le proposte contenute riguardano molteplici aspetti, tra cui anche lo stop alla vendita di auto benzina e diesel dal 2035. Volkswagen, attraverso la piattaforma di Porsche, è tra le società più attive nel vecchio continente. A fine giugno, un totale di 170.939 veicoli full electric sono stati consegnati in tutto il mondo, più del doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+165%). Per quanto riguarda le consegne di modelli 100% elettrici per regione, l’Europa, mercato domestico del gruppo, si è posizionata in testa nel primo semestre, con 128.078 veicoli (il 74,9%). Qui, il gruppo Volkswagen è stato leader di mercato, con una quota di circa il 26% delle consegne di full electric.
Il gruppo Daimler è invece pronto ad investire oltre 40 miliardi di euro tra il 2022 e il 2030 per sviluppare veicoli elettrici. Lo ha reso noto proprio Mercedes-Benz, uno dei marchi di punta della casa automobilistica tedesca, presentando la strategia che intende mettere in atto per accelerare la propria transizione verso i veicoli green. L’obiettivo è diventare completamente elettrici entro il 2030, tutte le nuove piattaforme produrranno unicamente automobili elettriche già dal 2025. Anche lo storico marchio Ferrari ha annunciato la produzione di un modello full electric a zero emissioni che uscirà nel 2025.
Secondo uno studio di Barclays nel 2020 solo 7 milioni di veicoli in circolazione erano elettrici, mentre si stima che si arriverà a 240 milioni entro il 2030 e oltre 1,1 miliardi nel 2050. Ciò corrisponderebbe a una penetrazione del 65% dall’1% attuale. In modo particolare la penetrazione di veicoli elettrici dovrebbe accelerare tra il 2030 e il 2040.
Se il 46% delle vendite proviene dall’Europa, subito a ruota c’è la Cina con il 39%. Qui le vendite di auto elettriche sono cresciute vertiginosamente grazie anche ai massicci sussidi agli acquisti proposti dallo Stato e che andranno avanti fino al 2022. Pechino vuole che le auto elettriche, ibride plug-in e/o a idrogeno rappresentino il 20% del totale delle vendite entro il 2025 rispetto al 10% circa attuale.
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