Italia: scende il deficit a fine 2011, ma il rapporto tra debito e Pil tocca i massimi dal 1996
Prosegue il sentiero di miglioramento dei conti pubblici italiani con il deficit sceso a fine 2011 al 3,9% dal 4,6% di 12 mesi prima. Miglioramento ancora non sufficiente a fermare l’ascesa del debito pubblico, salito a fine dello scorso anno al 120,1 per cento del Pil, livello più elevato dal 1996. L’anno si è chiuso con una crescita modesta del Pil, pari allo 0,4% complice soprattutto la debole domanda interna.
Deficit in linea con attese governo, avanzo primario pari all’1% del Pil
I dati diffusi oggi dall’Istat vedono il rapporto deficti/Pil pari al 3,9%, in miglioramento di 0,7 punti percentuali rispetto a quanto registrato nel 2010 (4,6%). In valore assoluto l’indebitamento netto è diminuito di circa 9,1 milioni di euro, attestandosi sul livello di -62.363 milioni di euro. L’obiettivo indicato dal governo è il pareggio di bilancio nel 2013 con deficit in discesa all’1,6 per cento del Pil alla fine di quest’anno (per il 2011 la stima era di un deficit al 3,8%). Più caute le previsioni del Fmi che vede per il deficit una discesa più graduale al 2,8 per cento nel 2012 e al 2,3 nel 2013.
Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato positivo e pari a 15.658 milioni di euro (-345 milioni di euro nel 2010), con un’incidenza sul Pil dell’1%. Il saldo di parte corrente (risparmio o disavanzo delle Amministrazioni pubbliche) è stato negativo e pari a -24.936 milioni di euro, a fronte dei -24.763 milioni del 2010. Tale peggioramento è da imputare ad un aumento delle uscite correnti di circa 9,2 miliardi di euro, di poco superiore a quello delle entrate correnti (pari a circa 9,0 miliardi).
Il rapporto tra debito pubblico e Pil è salito a quota 120,1%. Si tratta del livello più alto dal 1996. Nel 2010 il rapporto era stato pari al 118,7%. Il debito italiano è, in percentuale al Pil, il secondo maggiore dell’area euro dietro a quello greco.
I dati diffusi oggi dall’Istat vedono il rapporto deficti/Pil pari al 3,9%, in miglioramento di 0,7 punti percentuali rispetto a quanto registrato nel 2010 (4,6%). In valore assoluto l’indebitamento netto è diminuito di circa 9,1 milioni di euro, attestandosi sul livello di -62.363 milioni di euro. L’obiettivo indicato dal governo è il pareggio di bilancio nel 2013 con deficit in discesa all’1,6 per cento del Pil alla fine di quest’anno (per il 2011 la stima era di un deficit al 3,8%). Più caute le previsioni del Fmi che vede per il deficit una discesa più graduale al 2,8 per cento nel 2012 e al 2,3 nel 2013.
Il saldo primario (indebitamento netto al netto della spesa per interessi) è risultato positivo e pari a 15.658 milioni di euro (-345 milioni di euro nel 2010), con un’incidenza sul Pil dell’1%. Il saldo di parte corrente (risparmio o disavanzo delle Amministrazioni pubbliche) è stato negativo e pari a -24.936 milioni di euro, a fronte dei -24.763 milioni del 2010. Tale peggioramento è da imputare ad un aumento delle uscite correnti di circa 9,2 miliardi di euro, di poco superiore a quello delle entrate correnti (pari a circa 9,0 miliardi).
Il rapporto tra debito pubblico e Pil è salito a quota 120,1%. Si tratta del livello più alto dal 1996. Nel 2010 il rapporto era stato pari al 118,7%. Il debito italiano è, in percentuale al Pil, il secondo maggiore dell’area euro dietro a quello greco.
Crescita flebile (+0,4%) nel 2011, frenano i consumi interni
Diffusi oggi anche i dati sul Pil relativo all’intero 2011, con una crescita di solo lo 0,4%, sotto le ultime previsioni del governo che erano di un progresso dello 0,6%. Rivista al rialzo a +1,8% la crescita relativa al 2010. Nonostante la crescita degli ultimi due anni, l’Istat rimarca come nel 2011 il Pil in volume si è attestato su livelli ancora inferiori a quelli registrati negli anni precedenti la crisi economica del 2008-2009. Un rilevante contributo positivo alla variazione del Pil 2011 è venuto dalla domanda estera netta (1,4 punti percentuali), mentre l’apporto della domanda nazionale e della variazione delle scorte è stato negativo.
La spesa per consumi finali delle famiglie residenti ha mostrato un incremento in volume dello 0,2%, con variazioni più contenute rispetto a quelle registrate nel 2010 (+1,2%). A trainare i consumi è stata soprattutto la spesa per i servizi (+1,6%), mentre il consumo di beni è diminuito (-0,9%); particolarmente marcata nella media dell’anno è stata la flessione della spesa per i generi alimentari (-1,3%). Se la spesa delle Amministrazioni pubbliche ha registrato una diminuzione dello 0,9% in volume, quella delle Istituzioni sociali private (Isp) è aumentata dello 0,9%.
Le esportazioni di beni e servizi in volume sono aumentate nel 2011 del 5,6%, mentre le importazioni solo dello 0,4%.
Diffusi oggi anche i dati sul Pil relativo all’intero 2011, con una crescita di solo lo 0,4%, sotto le ultime previsioni del governo che erano di un progresso dello 0,6%. Rivista al rialzo a +1,8% la crescita relativa al 2010. Nonostante la crescita degli ultimi due anni, l’Istat rimarca come nel 2011 il Pil in volume si è attestato su livelli ancora inferiori a quelli registrati negli anni precedenti la crisi economica del 2008-2009. Un rilevante contributo positivo alla variazione del Pil 2011 è venuto dalla domanda estera netta (1,4 punti percentuali), mentre l’apporto della domanda nazionale e della variazione delle scorte è stato negativo.
La spesa per consumi finali delle famiglie residenti ha mostrato un incremento in volume dello 0,2%, con variazioni più contenute rispetto a quelle registrate nel 2010 (+1,2%). A trainare i consumi è stata soprattutto la spesa per i servizi (+1,6%), mentre il consumo di beni è diminuito (-0,9%); particolarmente marcata nella media dell’anno è stata la flessione della spesa per i generi alimentari (-1,3%). Se la spesa delle Amministrazioni pubbliche ha registrato una diminuzione dello 0,9% in volume, quella delle Istituzioni sociali private (Isp) è aumentata dello 0,9%.
Le esportazioni di beni e servizi in volume sono aumentate nel 2011 del 5,6%, mentre le importazioni solo dello 0,4%.