“La lunga crisi: ultima chiamata per l’Europa”. E’ l’eloquente titolo scelto da Confindustria per presentare gli ultimi dati sullo scenario economico italiano. “Non siamo in guerra. Ma i danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto e a essere colpite sono state le parti più vitali e preziose del sistema Italia: l’industria manifatturiera e le giovani generazioni”. Facendo ricorso a questa metafora il Csc ha delineato uno quadro sempre più drammatico e allarmante: “L’aumento e il livello dei debiti pubblici sono analoghi, in quasi tutte le democrazie avanzate, a quelli che si sono presentati al termine degli scontri bellici mondiali. Una sorta di guerra c’è stata ed è tuttora in corso, ed è combattuta dentro l’Europa e dentro l’Italia”. Per Confindustria “a scatenarla sono stati errori recenti e mali antichi. Gli errori recenti sono stati inanellati nella gestione dell’eurocrisi”.
L’Italia è precipitata dentro una grave recessione. Ed è per questa ragione che gli economisti di viale dell’Astronomia hanno rivisto al ribasso le proprie stime sull’andamento dell’economia indicando in -2,4% la discesa del Pil per l’anno in corso dal -1,6% pronosticato lo scorso dicembre. Anche il 2013 è visto con segno meno: -0,3% dal +0,6% indicato a dicembre con la ripresa che arriverà un semestre dopo rispetto alla previsione di dicembre che era di segnali di risalita per l’estate 2012. A pesare soprattutto il calo della domanda interna (-4,3% quest’anno e -0,6% il prossimo).
Una delle preoccupazioni maggiori rimane il mercato del lavoro e la disoccupazione alle stelle. Secondo le previsioni degli economisti di Confindustria il tasso di disoccupazione continuerà ad aumentare in tutto l’orizzonte di previsione, raggiungendo l’11,8% medio nel 2013, massimo storico da quando è in vigore la nuova rilevazione Istat sulle forze di lavoro (cioè dal quarto trimestre 1992).
Queste nuove stime sono decisamente inferiori a quelle elaborate nel dicembre 2011, che indicavano un Pil in diminuzione dell’1,6% quest’anno e in recupero dello 0,6% il prossimo. “Erano proiezioni dichiaratamente ottimistiche – si legge nel documento – perché ipotizzavano la soluzione rapida della crisi dei debiti sovrani nell’Eurozona, grazie a una maggiore cooperazione tra stati e istituzioni, e dunque la riduzione dei tassi di interesse a lungo termine, il conseguente ripristino di condizioni normali nel credito e il ritorno della fiducia tra imprese e consumatori”. Come temuto, tali ipotesi non si sono concretizzate, mentre i rischi al ribasso, che pure erano stati evidenziati negli scenari economici dello scorso dicembre, si sono realizzati. Nelle attuali previsioni il Csc “prende atto della peggiore realtà, con effetti netti su Pil, mercato del lavoro e conti pubblici”. E l’appuntamento con la ripresa viene posticipato di un semestre.
E in un quadro così incerto l’esito del Consiglio europeo di oggi e domani – recita lo studio di Confindustria – “è cruciale”. L’associazione guidata da Giorgio Squinzi ricorda che “a livello Ue progressi di consapevolezza e di consenso politico si intravedono dietro le quinte. Le proposte non mancano, ma non basterà più annunciarle per far riguadagnare al progetto dell’integrazione europea credibilità e, non meno importante per la tenuta sociale, popolarità”. Insomma, non sarà sufficiente “annunciarle perché servono celeri azioni concrete per estirpare gli embrioni di disgregazione monetaria che si sono già materializzati attraverso la segmentazione dei sistemi bancari e l’enorme dislivello dei tassi di interesse”.