Notizie Notizie Italia L’Italia chiude il valzer delle aste. Niente brividi a Roma. Per quelli c’è il Portogallo

L’Italia chiude il valzer delle aste. Niente brividi a Roma. Per quelli c’è il Portogallo

30 Marzo 2011 12:22

Con il test di questa mattina l’Italia porta a termine gli appuntamenti del fitto calendario delle aste, che l’hanno portata a sfiorare una raccolta di quasi 20 miliardi. Un gettone fedeltà di routine, ma che ha dovuto testare per primo sul campo le ultime novità introdotte settimana scorsa dall’Euro Patto, le incognite Libia, l’allarme nucleare e i disordini domino nell’area del Nord Africa. L’esito positivo dell’asta tricolore odierna non giunge inaspettato: era atteso, segnalano gli esperti, a testimoniare l’appetito del mercato per la carta italiana. Gli strategist concordano nell’individuare nell’esito dei collocamenti una riconferma della crescente discrepanza fra i due blocchi della Periferia, con Italia e Spagna che sovraperformano Portogallo, Grecia e Irlanda, alimentando anche un restringimento del differenziale con la Germania.

 

Basta dare una veloce occhiata alla piattaforma Tradeweb per capire i giochi: lo spread fra il tasso del decennale italiano e quello tedesco si è ridotto ai minimi dallo scorso 17 febbraio toccando quota 151,4 punti base, a fronte di una chiusura ieri in area 156. “Il Tesoro ha collocato quasi tutto l’ammontare massimo in offerta”, osserva Chiara Cremonesi di Unicredit Mib. I rendimenti dei titoli in asta sono risultati in calo rispetto all’asta precedente, ad eccezione del tre anni. “Ma i motivi sono ovvi. Da una parte la duration del nuovo titolo è più lunga rispetto a quella residua del titolo collocato nell’asta precedente. Dall’altra parte va considerato che in questo momento la parte breve della curva è particolarmente sotto pressione”. “La domanda ha confermato le attese: è stata buona. Questo livello dei tassi di interesse supporta una buona domanda per l’Italia sul dieci anni, la compensazione per il rischio è abbastanza appettibile”, argomenta Biagio Lapolla di Royal Bank of Scotland.

 

“E’ molto diversa la situazione che stiamo osservando sul Portogallo, dove vedremo salire molto più velocemente i tassi a breve rispetto a quelli di lungo in quanto il mercato sta prezzando l’ipotesi che il Paese chieda aiuti. L’attenzione sulla Periferia si conferma alta – prosegue l’esperto – , il Portogallo potrebbe avere un impatto maggiore sulla Spagna, meno pronunciato sull’Italia”. Non a caso una nuova impennata fa volare i tassi d’interesse pagati dai titoli di Stato portoghesi, con i rendimenti dei bond a due e cinque anni che volano al record, mentre il decennale viaggia sopra l’8% per il secondo giorno di fila. Ancora più da brivido quello che accade sul rendimento pagato dai titoli biennali: è salito fino al 7,81%, ai massimi dal 1996, e il tasso dei titoli quinquennali ha superato il 9% (9,04%) per la prima volta da almeno il 1997. All’indomani del taglio del rating del Portogallo da parte di Standard & Poor’s, il mercato si aspetta che Lisbona dovrà ristrutturare il debito e chiedere aiuti internazionali. Ma dal diretto interessato come una litania il messaggio che arriva è sempre lo stesso.

 

“Il Portogallo è in condizione di rispettare tutte le scadenze nel 2011 per il rimborso dei titoli di Stato ed il Paese è deciso a fare tutto il possibile per evitare un salvataggio internazionale”, ha ribadito il segretario di Stato a Tesoro e Finanze del Portogallo, Carlos Costa Pina. Da qui a giugno il paese deve trovare 8,3 miliardi di euro sui mercati e, fra interessi da pagare e ammortizzatori, ha la corda al collo. Costa Pina ha sottolineato in particolare che Lisbona è in grado di onorare le scadenze dei bond a lungo termine in scadenza ad aprile e giugno e che il ricorso agli aiuti internazionali implicherebbe rimanere fuori dal mercato per almeno 5 anni, con un peggioramento delle condizioni di finanziamento per il settore privato, aziende e famiglie.

 

Parole a cui nessuno sul mercato crede. Nemmeno Standard & Poor’s che ieri ha colpito con la scure sia Portogallo sia Grecia ieri spiegando che il vertice dei leader europei del 25 marzo ha di fatto aperto la strada alla ristrutturazione del debito sovrano come una delle possibili precondizioni per ottenere gli aiuti dal fondo Esm, il fondo permanente European stability mechanism che scatterà nel 2013. La mossa di S&P non è giunta inaspettata, ma anzi, soprattutto nel caso del Portogallo, suona come la certificazione del tracollo del Paese, travolto anche dalla crisi politica. Di certo al di là della facciata i conti non tornano. Da Lisbona la Banca centrale del Paese ha certificato di aver rivisto in peggio le stime sul Pil 2011 con una contrazione dell’1,4% per poi vedere una crescita nel 2012 di appena lo 0,3%. Il destino del piccolo paese lusitano appare segnato. Atene e Dublino sono lì, a dare il (buon) esempio.