In Eurozona riparte l’inflazione: merito del petrolio, di Draghi o..del clima?
L’inflazione dell’Eurozona ha raggiunto il target del 2%, massimi dal 2013. Il dato potrebbe alimentare le voci di quanti richiedono alla Bce di ridurre gli stimoli monetari, eppure secondo Vincenzo Longo, analista di IG, Mario Draghi aspetterà almeno fino a settembre, per capire quanta parte di questa inflazione è da attribuire agli effetti “base” e quanta invece solo a fattori endogeni come prezzi del petrolio ed alimentari
Potrebbe suonare come una provocazione, eppure secondo gli analisti finanziari potrebbe rappresentare una buona approssimazione della realtà. Il dato di fatto: L’inflazione dell’Eurozona è tornata al 2% nel mese di febbraio, livello che non veniva raggiunto dal gennaio del 2013.
Nello Statuto della Bce, dove viene specificato il mandato dell’istituto, viene espresso a chiare lettere l’obiettivo del 2% dell’inflazione, da mantenere però nel medio termine. Dunque, una rondine non fa primavera, anche se questa volta potrebbe contribuire a rinforzare il coro delle voci che già da inizio anno chiedono all’Eurotower di rallentare il ritmo degli stimoli monetari.
“Vi è la concreta possibilità che la Bce subisca delle pressioni crescenti nel corso dell’anno”, sostiene Vincenzo Longo, strategist di IG, intervistato da Borse.it, “Mario Draghi dovrebbe comunque riuscire a difendere le sue posizioni, almeno fino a settembre, facendo leva su quel +0,9% di inflazione core (la rilevazione sui prezzi al consumo, depurata dagli effetti degli energetici e degli alimentari, ndr)”.
Per Longo il board guidato da Draghi non modificherà le attuali politiche monetarie perché “il dato in sé era ampiamente atteso dal mercato, visto che i prezzi del petrolio avevano toccato i loro minimi proprio a cavallo fra gennaio e febbraio 2016. Ciò che conta è capire le ricadute reali che questo dato avrà sui consumi”.
Ma non è solo il petrolio a guidare l’inflazione. C’è una componente stimata al +5,2% da attribuire al rincaro dei generi alimentari, dovuto in larga parte “all’inasprimento delle condizioni climatiche”, sostiene Longo. Con l’effetto petrolio che tenderà a svanire nel corso dell’anno e il ritorno di condizioni climatiche ‘accettabile’, la Bce avrà modo di valutare se il sentiero intrapreso dai prezzi sia legato agli effetti definiti “base” e dunque sia quello giusto.
“Occorrerà attendere qualche mese per poter valutare l’impatto sui consumi delle famiglie. – prosegue Longo – In genere l’effetto trasmissione del rincaro degli energetici sui consumi impiega sei mesi per manifestarsi”.
Dunque eventuali valutazioni in tal senso da parte della Bce saranno comunicate a settembre o anche oltre, perché “la Bce vorrà capire quanta parte dell’inflazione è legata ad effetti base e quali possano essere gli impatti sui consumi. Per farlo saranno importanti anche le analisi sui dati legati alle vendite al dettaglio e sui consumi per capire se le famiglie stiano effettivamente consumando più dello scorso anno” ha concluso Longo.