Forex, euro-dollaro: non-farm payrolls prova del nove per la ripresa del ribasso
Il cambio euro/dollaro ha proseguito ieri sulla strada del ribasso, riaperta mercoledì dopo la fase di lateralizzazione che ha coperto il mese di gennaio. La valuta unica europea è scesa, accompagnata dalle parole del governatore della Banca centrale Mario Draghi, sotto i minimi relativi segnati il 26 gennaio a 1,1098 e stamane si è affacciata sotto 1,098 contro il biglietto verde. Sono livelli che mancano da inizio settembre 2003.
“Per una Banca centrale che afferma di non essere interessata a influenzare l’andamento della valuta – commenta Michael Hewson, market analyst di CMC Markets UK – il risultato ottenuto sul campo è eccellente”. Dai massimi del maggio 2014 l’euro si è svalutato contro dollaro di oltre il 21 per cento. Con sensibili benefici per l’economia dell’Eurozona. Sempre la Bce ha rivisto al rialzo le sue stime di crescita e inflazione. Il Pil dovrebbe crescere dell’1,5% quest’anno contro una precedente stima di +1% e dell’1,9% nel 2016 da 1,5%. Per quanto riguarda l’inflazione, “inizierà a salire a fine 2015” fino a raggiungere l’1,5% nel 2016 (da 1,3% della stima precedente) e l’1,9% nel 2017.
Sulla diffusione di queste stime il cambio euro/dollaro ha tentato un movimento verso l’alto, successivamente rientrato quando il governatore della Bce ha iniziato a parlare di Quantitative easing. L’acquisto di titoli di Stato che inizierà da lunedì, per 60 miliardi di euro al mese, includerà anche obbligazioni con rendimenti negativi fino al -0,2% che rappresenta il livello attuale dei tasso di deposito. Draghi ha cancellato i dubbi sull’effettiva disponibilità, sul mercato di una quantità di bond in offerta sufficiente a coprire la cifra di acquisti prevista dal Qe.
Questo quanto avvenuto sulla sponda europea dell’Oceano Atlantico. Per verificare se la rottura di 1,1098 implichi la ripresa del movimento ribassista è necessaria la prova del nove. Questo pomeriggio verranno pubblicate le rilevazioni sull’andamento del mercato del lavoro americano in febbraio. Le attese sono per una creazione di 235mila nuove buste paga contro 257mila di gennaio. Il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere al 5,6% da 5,7% precedente mentre il salario medio orario, tenuto sotto stretto controllo dalla Federal Reserve, è atteso in crescita solo dello 0,2% congiunturale contro il +0,5% registrato il mese scorso.
Se i dati sul mercato del lavoro americano saranno ancora una volta forti, all’interno del Comitato di politica monetaria della Federal Reserve aumenteranno le pressioni dei falchi per un rialzo dei tassi di interesse e continuerà la spinta al ribasso per l’eurusd. Tuttavia per Michael Hewson le cose potrebbero andare diversamente: “C’è un problema che molti sembrano ignorare, la caduta dei prezzi e la riluttanza del consumatore americano a spendere nonostante la caduta dei prezzi del petrolio. Se a ciò si aggiunge l’incremento dei posti di lavoro persi, segnalato dalle ultime rilevazioni settimanali sulle richieste di sussidi di disoccupazione, la domanda da porsi è quanto sia saggio da parte della Fed muovere al rialzo i tassi di interesse quanto tutte le altre banche centrali li abbassano. Nelle ultime quattro settimane, in particolare, i weekly jobless claims sono andati oltre quota 300.000″.
Tradotto in termini di cambio euro/dollaro tutto questo potrebbe tradursi in una reazione al rialzo che, per gli analisti di Swissquote “avrà solo natura temporanea. Resistenze chiave si trovano a 1,1534, massimi del 3 febbraio 2015 e 1,1679, massimi del 21 gennaio 2015” mentre sul fronte opposto, messo in difficoltà il supporto psicologico a 1,10, “il livello da monitorare è 1,0765 minimi del 3 settembre 2003”.