Fiat: Marchionne conferma a Zanonato gli impegni per l’Italia
Fiat ha confermato gli impegni per il Paese. Lo ha detto l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, in riferimento al contenuto dell’incontro tenutosi in mattinata tra i vertici della casa torinese, lo stesso Marchionne e il presidente John Elkann, e il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato nel dicastero di via Veneto. L’incontro è andato benissimo, ha aggiunto il top manager a margine dell’assemblea annuale di Banca d’Italia.
I temi del confronto erano stati già anticipati ieri da Elkann, in occasione dell’assemblea degli azionisti di Exor. Il presidente aveva infatti detto che oggi si sarebbe parlato della presenza in Italia di Fiat, definita da Elkann una presenza importante, e da quanto questa potesse essere potenziata in scia al fatto che Fiat-Chrysler ad oggi è considerato un gruppo di livello mondiale. Elkann aveva poi rassicurato la platea sulla permanenza ancora lunga del manager italo-canadese nell’azienda: “C’è questa data del 2015 – aveva spiegato ieri Elkann – perché Marchionne spera che molte cose saranno completate, però ci sono tante cose da fare e io sono convinto che lui sarà con noi per tanti anni a venire”.
Brilla Fiat sulla Borsa di Milano. Il titolo, in decisa controtendenza rispetto all’andamento del Ftse Mib, indossa la maglia rosa con un rialzo dell’1,60% a 6,025 euro. L’azione beneficia anche delle indiscrezione apparse recentemente sul Wall Street Journal secondo cui l’Ad starebbe preparando un piano da 20 miliardi di dollari per salire al 100% di Chrysler e per quotare a Wall Street la società che nascerà dalla fusione tra Fiat e il gruppo automobilistico di Detroit. Secondo il quotidiano americano, Marchionne avrebbe già contatto Goldman Sachs, Bank of America, Deutsche Bank e altre banche per l’eventuale finanziamento di questa operazione. Sono state giudicate positive queste voci da alcuni analisti, per i quali sarebbe un bene per la società piemontese se riuscisse a conquistare il 100% della controllata Usa attraverso un finanziamento senza attingere alla liquidità del gruppo, mossa quest’ultima che potrebbe avere un impatto negativo sul merito creditizio dell’azienda.