Fastweb, Scaglia indagato per associazione a delinquere
Il presidente di Fastweb Silvio Scaglia è stato “ufficialmente iscritto nel registro degli indagati” per le ipotesi di associazione per delinquere e false comunicazioni sociali, nell’ambito di un’inchiesta della procura di Roma che vede coinvolti altri 5 manager della tlc milanese con ipotesi di reato come dichiarazioni infedeli mediante l’uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti per gonfiare l’Iva.
A comunicare la notizia è stata la stessa Fastweb in una nota, dopo che la notizia era stata diffusa lo scorso 23 gennaio da fonti giudiziarie e smentita immediatamente dalla società telefonica di Milano.
A comunicare la notizia è stata la stessa Fastweb in una nota, dopo che la notizia era stata diffusa lo scorso 23 gennaio da fonti giudiziarie e smentita immediatamente dalla società telefonica di Milano.
Insomma, Fastweb torna sui suoi passi. Silvio Scaglia, lo scorso 23 gennaio, dopo aver appreso dai mezzi di comunicazione di essere iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta aperta dalla Procura romana e non avendo mai ricevuto alcun avviso di garanzia, ha chiesto formalmente ai magistrati inquirenti di conoscere la sua esatta posizione nell’inchiesta”, si legge nel comunicato. “In data 2 febbraio 2007 Silvio Scaglia ha ricevuto comunicazione di essere ufficialmente iscritto nel registro degli indagati ai sensi degli articoli 416 Codice Penale) e 2622 Codice Civile”.
I fatti risalgono al 2004, anno in cui secondo il pubblico ministero, Giovanni di Leo, una serie di società denominate “cartiere”( società di comodo) offriva alle compagnie telefoniche servizi a valore aggiunto che permettevano fatturato facile e ampi margini di guadagno, superiori a quelli di mercato. Alcune compagnie invece, come Fastweb ed altre da identificare, si sono prestate al gioco per cercare anche un margine operativo non in linea con le attese del mercato. Il “gioco” ha permesso alle società “cartiere” di immagazzinare 170 milioni di euro di Iva mai versati all’erario, sparendo una volta incassato il denaro. La risposta di Fastweb non era tardata ad arrivare, sostenendo che le ipotesi di reato sarebbero lesive dell’immagine della società e dei suoi manager.
I fatti risalgono al 2004, anno in cui secondo il pubblico ministero, Giovanni di Leo, una serie di società denominate “cartiere”( società di comodo) offriva alle compagnie telefoniche servizi a valore aggiunto che permettevano fatturato facile e ampi margini di guadagno, superiori a quelli di mercato. Alcune compagnie invece, come Fastweb ed altre da identificare, si sono prestate al gioco per cercare anche un margine operativo non in linea con le attese del mercato. Il “gioco” ha permesso alle società “cartiere” di immagazzinare 170 milioni di euro di Iva mai versati all’erario, sparendo una volta incassato il denaro. La risposta di Fastweb non era tardata ad arrivare, sostenendo che le ipotesi di reato sarebbero lesive dell’immagine della società e dei suoi manager.
Prime ripercussioni per Fastweb a Piazza Affari. Le notizie stanno, infatti, spingendo al ribasso il titolo della tlc milanese che in avvio di giornata perde l’1,33%, scambiando a 42,1 euro per azione.
(Aggiornato alle 9.30)