Faro di Bankitalia sulle partecipazioni libiche, ma per ora niente congelamento
Il destino dei pacchetti azionari in mani libiche non è ancora stato svelato. Dopo la risoluzione dell’Onu e le iniziative di Gran Bretagna e Stati Uniti, che hanno complessivamente congelato 50 miliardi di dollari riconducibili alla famiglia Gheddafi, l’unica certezza è il faro acceso dalla Banca d’Italia. L’Unità di informazione finanziaria di Palazzo Koch ha chiesto ufficialmente agli intermediari di monitorare le operazioni e i rapporti con il clan del rais e il governo di Tripoli.
Bankitalia auspica di fatto quanto già espresso dalla risoluzione dell’Onu dello scorso 26 febbraio, ovvero “l’adozione di misure di congelamento dei fondi e delle risorse economiche possedute, direttamente o indirettamente, da alcuni membri della famiglia di Muammar Gheddafi. Sul piano internazionale sono state inoltre avviate iniziative volte a congelare le attività riconducibili a persone ed entità del governo della Libia”.
In sostanza, tra le partecipazioni da congelare rientrerebbero anche quelle in mano alla Banca centrale di Tripoli e non solo quelle riconducibili ai fondi sovrani, come ad esempio la Lybian Investment Authority (Lia). Una distinzione che tocca da vicino Unicredit, visto che il 7,5% del capitale della banca è detenuto da soci libici: il 4,61% è in mano alla Banca centrale, mentre il 2,59% è in pancia alla Lia. A piazza Cordusio, secondo quanto risulta a Finanza.com, sono tutti in attesa di un decreto da parte del ministero del Tesoro che chiarisca quali risorse libiche debbano essere congelate.
Il Governo sta però prendendo tempo sulla decisione finale che, oltre ad Unicredit, riguarderà anche la quota libica in Finmeccanica (2%), in Eni (1-2%) e nella Juventus (7,5%). “Non penso che il Governo possa intervenire e congelare queste azioni”, ha dichiarato il ministro degli Interni, Roberto Maroni, aggiungendo che il Governo italiano è in contatto con altri esecutivi per valutare azioni in tal senso e che in proposito dovrebbe essere la Consob la prima a parlare. La soluzione del problema è quindi ingarbugliata ma una cosa è certa. “Sono temi politici, lasciamoli alla politica”, ha commentato il numero uno di Pirelli, Marco Tronchetti Provera.